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Prigionieri della vita
Sono i ruggenti anni Venti. A Roma, i giovani dell’alta borghesia ballano il charleston al Ritz, sorseggiano indolentemente champagne e sfrecciano in automobile. Ma questa è solo la levigata e dorata superficie esterna della sfera; cosa si cela invece all’interno? Questo romanzo, con cui un giovanissimo Moravia esordì nel 1929, si pone l’obiettivo di esplorare proprio quell’interiorità, di rappresentare in modo disilluso e spietato quei meandri oscuri in cui albergano malessere, insoddisfazione, indifferenza.
Tutto in queste pagine è volto a restituire questa soffocante e claustrofobica sensazione. Salotti bui, illuminati solo dalla luce fioca di una fredda lampada. Strade sferzate da una pioggia autunnale, che disturba ma non purifica. L’arco narrativo collassa infine in quarantotto ore di pura introspezione. Sulla scena, il dramma borghese di una famiglia in rovina, che sta per perdere tutto, ricchezza e posizione sociale, a causa di uno spregiudicato affarista, sedicente amico. Ingiustizia, umiliazione, vergogna dovrebbero accendere l’animo del giovane Michele, innescare una reazione di rabbia o di orgoglio, invece è come se in quel mondo di apparenza e falsità non ci fosse più spazio per sentimenti autentici.
“Un disgusto opaco l’opprimeva; i suoi pensieri non erano che aridità, deserto”. Per salvarsi da quell’aridità che gli asciuga la bocca e gli screpola l’anima servirebbe una goccia di sincerità, di fede. Una goccia di odio puro o di amore vero. Ma le emozioni non si possono cercare, o fingere, solo vivere; e senza passione, resta il disagio di una mente che pensa e si arrovella, incapace sia di lasciarsi scivolare sulla scintillante e vacua superficie di abitudini e convenienze, sia di trovare una via d’uscita. Mentre dentro di sé, una voce continua a reclamare "Non è questa la mia vita".
La forza di questo romanzo sta nell’urgenza di raccontare una condizione interiore che chiede di essere narrata: l’infelicità di vivere una vita vuota e insoddisfacente, una vita che non si vuole ma che non si è in grado di cambiare. Gli indifferenti sono dunque i giovani – e non solo -, di ieri come di oggi, trascinati dalla noia e dall’indolenza di chi ha tutto, ma in fondo incapaci di agganciarsi alla realtà, di appassionarsi, di agire davvero. Prigionieri della vita.
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Commenti
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Anche io ho letto Il disprezzo e consiglio anche L'amore coniugale che col primo forma quasi un dittico.
Grande Moravia.
Ciao Manu e Fede. Buone letture
Ho appena finito di leggere l'interessante "MoranteMoravia", di A. Folli. Non avrei immaginato quanto 'autobiografismo' ci fosse nei libri di Moravia. Non nelle vicende, bensì nei 'vissuti', negli stati d'animo.
Questo romanzo portò una ventata di novità nella letteratura italiana : il 'respiro' europeo. internazionale.
E ovviamente buone letture anche a voi :)
Interessante "MoranteMoravia", prima o poi ci arriverò anch'io, su questi due scrittori conosco ancora troppo poco.
Grazie mille come sempre.
Manuela
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Fede