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Io sono Zeno
Penso che tutti noi siamo un po' Zeno dentro, c'è chi più e c'è chi meno. Abbiamo debolezze, dipendenze da vizi, desiderio di rincuorare la nostra coscienza modificando magari la realtà (che è sempre modificata dal nostro filtro e non corrisponde mai a quella oggettiva), siamo gelosi, competitivi, indifferenti ed egoisti, abbiamo bisogno d'amore e di considerazione, tradiamo a volte la fiducia dei nostri cari. Ma perché guardare solo i lati negativi?! Zeno in fondo è stato anche il migliore uomo della casa Malfenti, un ottimo marito, nonostante tutto e un buon amico per Guido.
Ho trovato Zeno un uomo di potentissime capacità, ma con una bassa autostima, magari acquisita nella sua infanzia con un padre non molto esemplare. E questa mancanza di autostima porta al suo disagio psicologico e necessità sempre al suo fianco di una figura più sana e forte, che possa rappresentare per lui un esempio e possa quindi migliorare... Questa è un'altra lezione che si impara: nessuno cambia per mano di terze persone, ma solo per mano propria, infatti, cambia prospettiva solo in seguito alle sue convinzioni ed esperienze. Viene colpito dalla guerra e capisce la futilità dei mali quotidiani di fronte al male più grande che per lui è la vita stessa, malattia che porta sempre alla morte.
Mi è piaciuto molto anche il personaggio di Carla. Fanciulla fragile e onesta, che desiderava solo un po' d'amore e una vita tranquilla, e fortunatamente l'ha avuta, e questo per merito del suo mite carattere, deciso e fermo e soprattutto onesto.
Il messaggio finale che ho colto è che solo verso la fine della vita capisci veramente cosa essa sia e spesso si vive da “sani malati”. Inoltre, dov'è la linea che separa la realtà dal sogno, la verità dalla menzogna, il bene dal male? Queste categorie sono così vicine tra loro che si fatica a distinguerle e non di rado capita di confonderle. Un grande e potente romanzo italiano che mi rimarrà nel cuore.
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Ioana...tu ami molto il filone psicoanalitico. ULYSSES o LA coscienza di Zeno? Chi sul podio?
Marianna, mi fai una domanda difficile ahahah... per il filone psicoanalitico, ti direi a pelle La coscienza di Zeno, complice anche la facile lettura rispetto a Ulisse e l'empatia che Zeno tende a suscitare (è un po' come il personaggio di La Caduta di Camus, ora che ci penso, pieno di difetti ma in fondo simpatico). Ulisse invece, per quanto mi riguarda rimane sul primo posto per originalità della prosa e l'uso eccezionale del flusso di coscienza, che è molto fitto e ha il pregio di rendere al lettore i pensieri "grezzi", allo stato puro per così dire e non "elaborati" come in Svevo, due modi diversi di espressione. Loro due, Joyce e Svevo erano anche grandi amici e quando Joyce ha letto La coscienza di Zeno, mi pare sia stato tra i primi, non ha risparmiato le sue lodi all'amico.
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