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Elogio della decadenza
Il testo contiene spoiler.
’’Nunc et in hora mortis nostrae. Amen. La recita quotidiana del rosario era finita.” Questo l’incipit di un classico della letteratura italiana, reso ancor più celebre dalla trasposizione cinematografica con Claudia Cardinale.
1860. La Sicilia è ancora sotto il Regno Borbonico e Garibaldi prepara la Spedizione dei Mille. Il nobile Principe Fabrizio Corbera è colto ed elegante, ma anche burbero, altero e spesso tormentato da pensieri funerei. E’ discendente della nobile famiglia Salina, il cui stemma è un gattopardo, e conduce un’agiata vita di possidente con la sua famiglia, di cui il prediletto è il nipote Tancredi Falconeri, segretamente innamorato della cugina Concetta, figlia di Fabrizio. Garibaldi sbarca in Sicilia: lo scapestrato Tancredi si schiera al suo fianco e diventa presto ufficiale dell’esercito. Fabrizio vive questi cambiamenti con l’amara consapevolezza dell’inevitabile declino del ceto cui appartiene; celeberrima l’affermazione: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”. I fermenti di rivolta sono diffusi in tutta Palermo: molti nobili fuggono, ma non Fabrizio, rassicurato dal nipote. Proprio grazie all’intercessione di Tancredi presso i Garibaldini, Fabrizio e la sua famiglia possono trasferirsi alla residenza di Donnafugata per le vacanze estive. Parlando con l’amministratore, Salina viene a sapere che il sindaco Calogero Sedara, in rapida ascesa politica, sta diventando ricco quanto lui. Decide quindi di conoscerlo, invitandolo a cena. Egli si presenta con la giovane figlia Angelica, che colpisce tutti per la sua straordinaria bellezza. Durante la cena, Tancredi racconta le recenti imprese garibaldine, ma Concetta lo rimprovera aspramente per i particolari troppo cruenti. Il giovane, così, si concentra su Angelica, che non rimane insensibile al suo fascino: di nuovo, Concetta riprende più volte il cugino per gli espliciti apprezzamenti su Angelica, senza far trasparire la “cotta” che prova per lui. Pochi giorni dopo, Tancredi tornerà a combattere nell’esercito piemontese che punta verso Napoli. Da Caserta, dove stava combattendo per scacciare i Borboni, Tancredi scrive una lettera allo zio Fabrizio in cui gli rivela il crescente amore per Angelica, pregandolo di intercedere presso il padre Calogero Sedara per averla in moglie. Il Principe si convince che l'unione con l’emergente classe sociale borghese possa capovolgere il destino della sua nobiltà avviata ad estinguersi, donandole vigore nuovo: “Noi fummo i gattopardi, quelli che verranno sono gli sciacalletti e le iene. E tutti quanti, gattopardi sciacalletti e iene, continueremo a crederci il sale della Terra”. Così, Fabrizio presenta la proposta di Tancredi a Calogero: anch’egli, convintosi dei reciproci vantaggi, acconsente. Alla notizia, Concetta reagisce con malcelata rabbia, credendo il suo amore sacrificato dal padre per salvare il prestigio della casata Salina. L’organista Ciccio Tumeo confida a Fabrizio di aver votato “No” al plebiscito per l’annessione ai Savoia, mentre il sindaco Sedara aveva proclamato il risultato come plebiscitario al 100%, falsando i voti: in Fabrizio, si radica ancor più l’immagine della scaltrezza del nuovo ceto che sta sgomitando per il potere. Finalmente torna a casa Tancredi, finito nell’esercito regolare dei Savoia dopo lo scioglimento dei Garibaldini. Tancredi e Angelica si amano senza trascurare, entrambi, quanto sia proficua la loro unione per soddisfare le rispettive ambizioni politiche e sociali. Dall’incontro tra i Sedara e i Falconeri entrambi cambiano: i primi diventano più raffinati, i secondi acquistano caratteristiche di economicità, che però ne incrineranno la storica deferenza del popolo. Un giorno, da Torino arriva un delegato reale per chiedere al Principe Salina di diventare Senatore del Regno d’Italia. Visti i vecchi legami coi Borboni e privo della spinta innovatrice ora necessaria, Fabrizio rifiuta proponendo al suo posto Calogero Sedara, ritenuto più scaltro e adatto alla nuova situazione politica creatasi. Ad un importante ballo mondano palermitano, magnificamente trasposto nel film di Visconti, Fabrizio balla con Angelica e la presenta come promessa sposa del nipote Tancredi.
--- inizio spoiler ---
1910. Sia Fabrizio che Tancredi sono morti, Angelica frequenta l’alta società borghese. Concetta, sempre infelicemente nubile, è rimasta proprietaria di Villa Salina. Ma il prestigio della casata è sempre più rarefatto: dei fasti passati, rimangono ormai soltanto buoni rapporti con il Clero. Negli anni della vecchiaia, Concetta riceve la visita del senatore Tassoni, ex commilitone di Tancredi, il cui racconto la riappacifica con i suoi ultimi 50 anni di vita, in particolare col ricordo di tutti quelli che riteneva responsabili della sua infelicità. Nella riabilitazione di Fabrizio, Angelica e Tancredi, Concetta chiude un’esistenza di amari ricordi vivendo gli ultimi scampoli della sua vita in uno stato di completa apatia.
--- fine spoiler ---
Romanzo piacevole, scritto con uno stile ricercato, caratterizzato da una narrazione generalmente lenta e talvolta fluida, con cambi di ritmo in base alle diverse situazioni. La scrittura è attenta a fornire al lettore vivide immagini dei luoghi per una piena percezione del paesaggio, degli ambienti, degli odori, delle situazioni. Libro che non va letto in modo distratto, né con una certa approssimazione: è una lettura che merita attenzione, per assaporare le descrizioni, immergerci nel contesto, vivere le scene. Non una lettura per sotto l’ombrellone, a mio avviso, ma un libro per riflettere, anche alla luce dei temi universali (amore, delusione, scaltrezza, ideologie…) che in esso vengono trattati.