Dettagli Recensione
Da rivalutare
Rileggo Svevo a distanza di più di un ventennio dalla sua prima lettura, Senilità, in particolare perché risvegliata nell’interesse da un intervento del Professor Gino Tellini, ordinario di Letteratura italiana nell’università di Firenze, che acclama questo romanzo come un capolavoro. Ringrazio dunque la passione del professore che mi ha permesso un riavvicinamento e un percorso di conoscenza dell’opera, sicuramente migliorato.
È un romanzo perfetto per struttura e stile, capace di far penetrare il lettore in quell’inerzia emotiva ed esistenziale del protagonista, la Senilità, in modo tale da far provare distanza immediata, disgusto e noia: Emilio, il protagonista è una macchietta perfetta, è tutto ciò che nessuno di noi vorrebbe mai essere, compendiando invece ciò che forse siamo tutti, nell’intimo. Chi di noi non si maschera, non si illude, non si compiange, non si trincera dietro falsa identità, chi di noi, in fondo, non si sente inadeguato rispetto alle pressioni sociali, e non ha una sfera di vissuto disfunzionale, in un qualche modo? Penso nessuno, ne sono fermamente convinta, poi ognuno nel corso dell’esistenza si crea un’identità: c’è chi subito riesce in questo, cristallizzando spesso il suo Io in qualcosa di assolutamente lontano da se stesso e chi fatica, sopravvive, si lagna, si nasconde, non emerge, e paradossalmente riesce a giungere a più fine conoscenza. Emilio, il caro Emilio, è ormai un uomo, mascherato da intellettuale, in realtà un semplice impiegato, ingabbiato, al par del Belluca pirandelliano, in una sfera privata che lo costringe al ruolo del fratello amorevole. In realtà è, nella sua incapacità di vivere, scosso da forti pulsioni sessuali, risvegliate in lui da una donna di facili costumi, idealizzata per mitigare i sensi di colpa che prova rispetto all’esperienza la cui realtà ha fin da subito subodorato. È un uomo che è amico di un vincente, Stefano Balli, egregio contraltare di ogni sua fisima. Il romanzo è tutto giocato sulle antitesi, procede lento nell’intreccio, sfianca, svilisce, portando a perfetto processo mimetico il lettore che invecchia nel frattempo fino a rinvigorirsi quando l’eroe, rinnegando tutta la sua identità precedentemente costruita, assurge al tono del più volgare degli uomini e insulta la sua Angiolina, dandole della poco di buono, lui ancora svilito, smunto, assediato, torturato dal senso di colpa per la sorella, sua brutta copia, ormai in fin di vinta. Colpisce apprendere sempre dal Tellini nella monografia da lui dedicata a Svevo (Gino Tellini , Svevo, Salerno editrice) che questo libro venne letto dall’autore alla moglie durante il loro viaggio di nozze, sigillando così definitivamente una donna molto conosciuta a Trieste per i suoi costumi libertini e frequentata, a suo tempo, anche dallo stesso scrittore.
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