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L'ultimo Gattopardo
“Il Gattopardo” fu scritto da Giuseppe Tomasi di Lampedusa fra il 1954 e il 1956. Il manoscritto venne però respinto dall'editore Mondadori e da Elio Vittorini per conto dell'editore Einaudi fra il 1956 e il 1957, anno in cui l'autore morì. Nel 1958 l'editore Feltrinelli pubblicò l'opera e il successo fu grandissimo, anche se, purtroppo, post mortem. Il romanzo vinse il Premio Strega nel 1959 e nel 1963, Luchino Visconti ne trasse un celebre film, interpretato da Burt Lancaster, Claudia Cardinale e Alain Delon.
La vicenda si apre nel maggio 1860, pochi giorni prima dello sbarco dei Mille ed è ambientata in Sicilia. Viene raccontato il momento del passaggio dal governo dei Borbone all'unificazione italiana dal punto di vista di una famiglia della grande nobiltà palermitana, i Salina, il cui stemma nobiliare, è, appunto, un gattopardo. Il protagonista è don Fabrizio, un uomo ormai di mezza età all'inizio della narrazione, colto e aristocratico. Ha avuto sette figli ma il giovane a cui è più legato è il nipote, figlio di sua sorella, Tancredi, rimasto orfano di entrambi i genitori e del quale il re Borbone lo aveva nominato tutore. Tancredi è un ragazzo brillante e molto scaltro, ironico ed irresistibile. Sarà proprio lui a pronunciare la celebre frase “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”, mentre sta preparandosi ad unirsi ai Mille, non certo perché seguace delle idee democratiche e repubblicane ma perché, essendo molto furbo, aveva già capito quali sarebbero stati i vincitori e si apprestava a saltare sul loro carro per salvaguardare i propri privilegi. In seguito Tancredi trova la sposa ideale nella bellissima Angelica, una borghese molto ricca che faceva proprio al caso suo, visto che lui, pur essendo un Principe, non aveva un soldo.
Non sorprende che il romanzo sia stato inizialmente rifiutato dai principali editori italiani degli anni Cinquanta del Novecento. Nel clima letterario di allora “Il Gattopardo” si collocava come un'opera fuori contesto, con uno stile e dei contenuti del tutto originali e diversi rispetto alla situazione storico-culturale di quegli anni. Questo ce lo fa apprezzare anche di più, se possibile.
Indimenticabile la figura del principe Fabrizio, intellettuale pessimista e profondamente disilluso, che si accinge a spietato osservatore della realtà siciliana, in cui sembra non scorgere nessun segno di miglioramento con il procedere del tempo e della storia. E tanto più è pessimista verso gli uomini quanto è in grado di provare conforto e sollievo attraverso le stelle, i pianeti, la natura ed anche la morte, accolta come parte indissolubile e necessaria della vita stessa.
In conclusione quindi, un'opera di grande spessore letterario, che non possiamo non leggere o rileggere con grande piacere e soddisfazione intellettuale.
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Un piccolo (per quantità) capolavoro. A mio avviso, con qualche pagina di troppo : l'ho verificato rileggendolo in una edizione Feltrinelli 'per la scuola' , con sapienti tagli che l'hanno reso scorrevolissimo, migliorato.
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