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Quadri viventi
“Canne al vento” non è un libro come un altro. O, meglio, non è un libro. Non so se vi è mai capitato di andare a vedere i cosiddetti “quadri viventi”: a me viene in mente, in primis, il “presepe vivente” allestito da una decina d’anni a questa parte, nel periodo di Natale, nei Sassi di Matera, la mia città. Ebbene, si tratta di manifestazioni in cui i figuranti “danno vita” a quadri famosi o, nel caso di Matera, ai personaggi del presepe. Ecco, “Canne al vento” è questo: un grande quadro / presepe vivente.
Già il titolo solletica la nostra immaginazione visiva e ci fa capire che, leggendo questo libro, ci addentreremo in una natura animata, piena di segreti, maestosa e terribile al tempo stesso. Una grande madre che sembra contenere nel suo grembo tutta la sapienza dell’umanità, quelle verità ancestrali che, nascoste ai più, si rivelano solo attraverso il corso inesorabile degli eventi.
Come lettori, ci si sente subito trasportati in quest’atmosfera un po’incantata, dove creature misteriose quali nani e panas (spiriti di donne morte di parto) fanno apparire la Sardegna di fine Ottocento una terra quasi fiabesca per poi lasciare spazio al realismo dei tanti paesaggi descritti (o, sarebbe meglio dire, dipinti) ed alla concretezza dei gesti del vivere quotidiano.
Al centro della storia, il destino delle tre sorelle Pintor, in ordine d’età Ruth, Ester e Noemi: tre nomi biblici per esaltare, forse, non solo la nobiltà di stirpe della famiglia, ma anche il senso di sacralità che attraversa, in silenzio, il progredire della trama. Tre nomi che racchiudono, inoltre, proprio come la storia della salvezza narrata nella Bibbia, la fede in una promessa: la speranza di una felicità nuova dopo il “vento” sfavorevole della cattiva sorte che ha piegato la famiglia Pintor portandola sull’orlo di una voragine sempre più profonda.
Ad incarnare simbolicamente il destino della famiglia ed il senso di tutta la storia, troviamo la figura del servo fedele, che, a ben vedere, ha anch’essa una chiara matrice biblica, oltre a rievocare il personaggio della nota parabola evangelica. Efix, questo il nome del servo, sente di essere attaccato al “destino tragico della famiglia” come “il musco alla pietra”. Egli, pronto a tutto per le sue padrone e fiducioso nella capacità di redenzione del loro giovane nipote giunto dal continente, don Giacintino, prende idealmente e fisicamente su di sé il peso di tutti i mali abbattutisi sulla famiglia ed affronta un viaggio di purificazione che tanto ricorda, per restare in tema biblico, quello del Cristo caricato della Croce verso il Calvario. Se vi sarà riscatto e resurrezione o, al contrario, solo l’ombra della notte, lo saprete non prima della fine.
Nel frattempo, avrete l’illusione di trovarvi anche voi in mezzo ai personaggi di questo grande “presepe” e, con un po’ d’immaginazione, anche voi ascolterete il suono delle canne che “sussurrano la preghiera della terra”. Perché è un libro di un’intensità unica che difficilmente scorderete. Una poesia vestita di prosa. Un quadro vivente racchiuso nella minuscola, ma magica e infinita, forma delle lettere.