Dettagli Recensione
ils sont indifférents..
Pensare che Moravia ha scritto questo romanzo quando aveva appena vent’anni, è sorprendente. Siamo negli anni ‘20/30, Carla, suo fratello Michele e la madre, Mariangela, appartengono a una nota famiglia della media borghesia, una media borghesia impoverita e sull’orlo del tracollo. Leo, uomo di mezza età, amante della madre e di poi della figlia, si insinua nelle esistenze dei protagonisti portando scompiglio ma anche riuscendo nell’intento di condurre alla luce quella che è la società fascista.
Questa viene infatti descritta quale falsa, utopica, convenzionale, menzognera, illusoria, di facciata, di apparenza. Meschinità e ipocrisie sono all’ordine del giorno, diventano costanti con cui convivere, con cui coabitare. I personaggi vi si assuefanno, sono indifferenti al dato, alla circostanza. Questa non rileva, è così e così deve essere. Soltanto Michele, tra tutti (un po’ come ne “La Ciociara” ove lo stesso ruolo è detenuto da un personaggio omonimo), si rende conto delle conseguenze di questa apatia, di questo laissez faire. Tanto che si interroga, cerca di smuovere le coscienze, di portare alla ribalta il dato, ma, senza successo.
Perché questa indifferenza, prima attrice delle pagine di Alberto Pincherle, non è altro che un’inerzia morale, non è altro che il lento consumarsi delle emozioni, emozioni e sensazioni che si tramutano in disinteresse per quel che circonda e che cedono di fronte alla vita sino a consacrare una condizione in cui quest’ultima non è vissuta bensì subita (basti pensare al comportamento di Carla con Leo, alla sua arrendevolezza innanzi al desiderio di lui e al disgusto di lei innanzi a quell’uomo in sovrappeso, calvo, anziano, consunto dagli anni che sono passati). Un’inerzia, un’indifferenza che è delineata, ancora, attraverso il canale del doppio binario: se da un lato Moravia la affronta nel suo rapporto verso il mondo esterno, verso gli altri, dall’altro, concentra la sua attenzione su quello che è l’aspetto interiore, su quel sentirsi inermi, incapaci, demotivati. Quale soluzione può dunque essere adottata se non quella di concedersi e abbandonarsi al disprezzo verso sé, all’autodistruzione?
Il tutto si palesa e si appresta alla realizzazione in un arco temporale di appena due/tre giorni e mediante una staticità di luoghi che sono quasi interamente concentrati presso l’abitazione della famiglia per spostarsi, al massimo, nei saloni destinati a incontri sociali o presso i locali dell’amante.
L’autore, ci rende destinatari di una scrittura precisa, realistica e ricercata, una scrittura forse lenta ma senza dubbio perfetta per la realizzazione degli intenti. E state pur certi che, giunti a conclusione, gli indifferenti non vi avranno affatto lasciati tali. Anzi. Il desiderio di entrare nell’opera, di spronarne gli attori, è una delle caratteristiche preminenti dell’elaborato, caratteristica che si perpetra dalla prima all’ultima battuta.
«Un disgusto opaco l’opprimeva; i suoi pensieri non erano che aridità, deserto; nessuna fede, nessuna speranza alla cui ombra riposare e rinfrescarsi; la falsità e l’abbiezione di cui aveva pieno l’animo egli le vedeva negli altri, sempre, impossibile strapparsi dagli occhi quello sguardo scoraggiato, impuro che si frapponeva tra lui e le vita; “un po’ di sincerità” si ripeteva riaggrappandosi alla sua vecchia idea fissa, “un po’ di fede.. e avrei ucciso Leo… ma ora sarei limpido come una goccia d’acqua”.»
Indicazioni utili
Commenti
9 risultati - visualizzati 1 - 9 |
Ordina
|
9 risultati - visualizzati 1 - 9 |
Condivido pienamente come hai distribuito le stellette.
Secondo me, è uno dei libri più belli di Moravia; forse il più significativo, benché abbia trovato "Il disprezzo" di maggiore leggibilità e anche parecchio interessante.