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La coscienza di Zeno
 
La coscienza di Zeno 2017-05-25 15:42:14 FrankMoles
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FrankMoles Opinione inserita da FrankMoles    25 Mag, 2017
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L'utopia della salute

La coscienza di Zeno è il romanzo più rappresentativo di Italo Svevo. Pubblicato nel 1923 in una deludente indifferenza generale, nonostante l’appoggio oltralpe di importanti personalità come James Joyce, esso giunse al successo solo tardivamente.
Il romanzo prende le mosse da una finzione letteraria: nella prefazione parla il dottor S., uno psicanalista che, per vendicarsi dell’interruzione della cura da parte del suo paziente Zeno Cosini, decide di pubblicarne le memorie che lui stesso l’aveva invitato a scrivere. Secondo quanto scrive il dottore, tali memorie sono infarcite di verità e bugie, il che immediatamente introduce un fondo di ambiguità che costituirà la cifra dell’intero romanzo: da un lato, ciò che ci apprestiamo a leggere è stato scritto da un narratore presentato come inattendibile; dall’altro, non si sa quanto sia lecito dar credito a un dottore dal comportamento così poco professionale. A minare ulteriormente la credibilità del narratore, si aggiunge il doppio filtro del mezzo di comunicazione: in primo luogo la scrittura, che presuppone un ordinamento razionale da parte dell’autore; in secondo luogo, la scrittura non per sé stessi ma per un destinatario, che induce lo scrittore a presentare tutto a proprio favore.
“La malattia è una convinzione ed io nacqui con quella convinzione.”

Zeno Cosini ripercorre nelle sue memorie la sua vita, non procedendo tuttavia per ordine cronologico, ma secondo un ordine apparentemente casuale, dettato da semplici criteri analogici e liberamente associativi. Egli darà quindi largo spazio ad episodi particolarmente significativi, nei quali si manifesta la sua malattia: l’inettitudine. Fin dall’inizio, infatti, Zeno si ritiene malato, come ben esemplificato dall’incapacità di smettere di fumare, dal difficile rapporto fatto di silenzi col padre. Il culmine è raggiunto nella narrazione della storia del suo matrimonio: rifiutato dalla sua amata Ada e da una delle sue sorelle (Alberta), egli è indotto a sposare la meno gradita delle sorelle, Augusta, per non rimanere solo. Col tempo egli si lega ad Augusta di un semplice e tenero affetto, mai sfiorato tuttavia dall’amore passionale che lo porta alle sue avventure extraconiugali, in particolare quella con la giovane Carla. La contrapposizione tra Augusta e queste passioni riflette nella mente di Zeno quella tra salute e malattia: egli è malato ed è incapace di rinunciare all’irrazionalità pur nei suoi sensi di colpa verso la moglie, per lui vera e propria personificazione della salute: “Compresi finalmente che cosa fosse la perfetta salute umana quando indovinai che il presente per lei era una verità tangibile in cui si poteva segregarsi e starci caldi. Cercai di esservi ammesso e tentai di soggiornarvi risoluto di non deridere me e lei, perché questo conato non poteva essere altro che la mia malattia ed io dovevo almeno guardarmi dall'infettare chi a me s'era confidato. Anche perciò, nello sforzo di proteggere lei, seppi per qualche tempo movermi come un uomo sano.”.

Nel frattempo, Zeno mette in piedi un’attività commerciale insieme al cognato Guido, marito di Ada, celando il suo sentimento di rivalsa con un’opera di autoconvincimento di bontà. Guido ci è presentato come un inetto, incapace di gestire il suo patrimonio e, per di più, impegnato a tradire la moglie con la segretaria Carmen, suscitando lo sdegno di Zeno. E’ in questo capitolo che giunge al culmine l’ironia, meccanismo alla base dell’intera narrazione autobiografica di quest’ultimo: egli infatti tende a presentare – impossibile definire quanto volontariamente – ogni cosa a proprio favore, mascherando al lettore e anche alla sua stessa mente la realtà con l’ironia. Quando, alla morte di Guido, Zeno non arriva in tempo al funerale perché intento a salvarne il patrimonio, suscitando le accuse di Ada, ormai vecchia e malata, lo scacco della verità è servito: ognuno dei protagonisti è incapace di discernere verità e irrealtà, cosicché la verità pura si presenta come un’utopia, resa tale dal relativismo che contraddistingue la condizione umana. Allo stesso modo, un’utopia appare quindi anche la salute perfetta.
“Tutti gli organismi si distribuiscono su una linea, ad un capo della quale sta la malattia di Basedow che implica il generosissimo, folle consumo della forza vitale ad un ritmo precipitoso, il battito di un cuore sfrenato, e all'altro stanno gli organismi immiseriti per avarizia organica, destinati a perire di una malattia che sembrerebbe di esaurimento ed è invece di poltronaggine. Il giusto medio fra le due malattie si trova al centro e viene designato impropriamente come la salute che non è che una sosta. E fra il centro ed un'estremità – quella di Basedow – stanno tutti coloro ch'esasperano e consumano la vita in grandi desiderii, ambizioni, godimenti e anche lavoro, dall'altra quelli che non gettano sul piatto della vita che delle briciole e risparmiano preparando quegli abietti longevi che appariscono quale un peso per la società. Pare che questo peso sia anch'esso necessario. La società procede perché i Basedowiani la sospingono, e non precipita perché gli altri la trattengono. Io sono convinto che volendo costruire una società, si poteva farlo piú semplicemente, ma è fatta cosí, col gozzo ad uno dei suoi capi e l'edema all'altro, e non c'è rimedio. In mezzo stanno coloro che hanno incipiente o gozzo o edema e su tutta la linea, in tutta l'umanità, la salute assoluta manca.”

E’ a questo punto che Zeno supera gli altri due precedenti inetti sveviani, Alfonso Nitti di Una vita ed Emilio Brentani di Senilità: egli ha maturato l’idea che per l’uomo la salute non è altro che la presa di coscienza e l’accettazione della propria malattia. Il rapporto iniziale tra sanità e malattia è completamente ribaltato, dunque lui è sano perché consapevole di esser malato, mentre gli altri sono malati perché si credono sani: “Non è per confronto ch'io mi senta sano. Io sono sano, assolutamente. Da lungo tempo io sapevo che la mia salute non poteva essere altro che la mia convinzione e che era una sciocchezza degna di un sognatore ipnagogico di volerla curare anziché persuadere.”.

Giunto a tale convinzione, Zeno decide di sospendere la cura psicanalitica presso il dottor S., fortemente criticato per il suo tentativo di curare la condizione umana e dietro la cui figura si potrebbe nascondere il padre della nascente psicanalisi Sigmund Freud (ma vi sono anche altre proposte di identificazione). Sospesa la cura, Zeno decide di spedire al dottore le sue memorie con l’aggiunta di un’ultima parte in cui, oltre a esporgli le sue idee sulla psicanalisi, afferma di esser guarito avendo compreso che la vita umana è inquinata alla radice e che l’occhialuto uomo potrà raggiungere la salute solo in uno scenario apocalittico magistralmente e acutamente delineato, al culmine della malattia: “Forse traverso una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni ritorneremo alla salute. Quando i gas velenosi non basteranno più, un uomo fatto come tutti gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile, in confronto al quale gli esplosivi attualmente esistenti saranno considerati quali innocui giocattoli. Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, ma degli altri un po' più ammalato, ruberà tale esplosivo e s'arrampicherà al centro della terra per porlo nel punto ove il suo effetto potrà essere il massimo. Ci sarà un'esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie .”

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Commenti

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Condivido la valutazione che ne dai : libro bello ma non bellissimo.
In risposta ad un precedente commento
Nuni83
26 Mag, 2017
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Io ero tentata ma adesso mi sento scoraggiata, forse il ricordo del mio incontro con questo libro alle superiori non è poi così fuorviante :D
A mio parere si tratta di un'opera geniale, certo in alcuni punti può risultare un po' pesante, ma l'idea che vi è dietro supera di gran lunga ogni possibile difficoltà. Certamente è una delle migliori opere in prosa del Novecento.
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