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Storia di un uomo mai esistito
Romanzo? Monologo teatrale? Trattato filosofico? Sociologico? Antropologico? Costruzione metafisica sulla fisica umana?
Un libro, nessun libro, centomila libri. E' “Uno, nessuno e centomila” di Luigi Pirandello, opera di assoluta modernità concettuale e tematica. Opera geniale.
Un giorno Vitangelo Moscarda si guarda allo specchio e va in frantumi. Moscarda, non lo specchio.
Da quel minimo disallineamento del naso – che la moglie Dida evidenzia come fosse lì da sempre, ma che lui mai aveva notato – la sua individualità si frammenta irrimediabilmente e si annulla. Vitangelo perde la cognizione di se stesso, e comincia a chiedersi se centomila volti e personalità bastino a definirlo agli occhi degli altri o non siano persino pochi. Ognuno ha a che fare con un diverso Moscarda: il ragioner Quintorzo vede il “caro Vitangelo”, Dida vede il suo innocuo “Gengé”, persino la cagnetta di casa ha il suo personale Vitangelo cui riferirsi.
“Non c'è altra realtà fuori di questa, se non cioè nella forma momentanea che riusciamo a dare a noi stessi, agli altri, alle cose. La realtà che ho io per voi è nella forma che voi mi date; ma è realtà per voi e non per me; la realtà che voi avete per me è nella forma che io vi do; ma è realtà per me e non per voi; e per me stesso io non ho altra realtà se non nella forma che riesco a darmi.”
Vitangelo Moscarda crede di reagire a questa sconcertante scoperta iniziando un percorso di “redenzione”: rinnega ogni sua esperienza e se stesso, cercando anzitutto di ribaltare la sua fama di usuraio (ebbene sì: usuraio!), involontariamente ereditata dal padre insieme alle fortune che costui aveva messo da parte.
In realtà, come Vitangelo scoprirà nelle ultime pagine dell'opera, la soluzione della sua crisi è altrove.
Per commentare questo libro come merita, bisognerebbe scriverne almeno un altro.
Luigi Pirandello impiega sedici anni per completare un'opera che ritiene, in qualche modo, “summa” del proprio lavoro; tanto da dire, alla fine, che se l'avesse scritta prima si sarebbe forse capita meglio la gran parte della sua produzione teatrale.
Brillantissimi lo stile e il contenuto: il primo si caratterizza per essere dialogo con il lettore, il quale viene sottilmente sollecitato – portato per mano e deluso di continuo – e fatto partecipe di questa incresciosa scoperta, la “scomparsa” dell'individualità. Il tutto in quello stile arguto che fa parlare di umorismo pirandelliano come di un unicum letterario.
Il contenuto, poi, rappresenta una pura riflessione filosofica, che prende a piene mani da Cartesio e arriva dritta all'epoca dello scrittore siciliano (e oltre, per la verità). Il tutto senza sconfinare nel saggio, ma mantenendosi sempre ben ancorato alla “pista” letteraria; basti pensare, a tal proposito, al racconto della controreazione altrui alla reazione del protagonista: laddove Vitangelo si propone come “vero”, determinato com'è ad affermare la propria personalità, viene ribattezzato per folle e minacciato di interdizione. Ma lui, in tutta onestà, ha altri programmi.
“Se il nome è la cosa; se un nome è in noi il concetto d'ogni cosa posta fuori di noi; e senza nome non si ha il concetto, e la cosa resta in noi come cieca, non distinta e non definita; ebbene, questo che portai tra gli uomini ciascuno lo incida, epigrafe funeraria, sulla fronte di quella immagine con cui gli apparvi, e la lasci in pace e non ne parli più. Non è altro che questo, epigrafe funeraria, un nome. Conviene ai morti. A chi ha concluso. Io sono vivo e non concludo.”
Si legge “Uno, nessuno e centomila” e si scopre l'opera di un grande scrittore italiano che, per robustezza spirituale e letteraria, si accomoda tranquillamente accanto ai grandi romanzi russi e tedeschi dell'ottocento e di inizio novecento. Senza alcun timore reverenziale.
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Commenti
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Bel commento. Ho letto fortunatamente Pirandello in giovanissima età e sono felicissima di questo perché ha segnato profondamente il mio animo.
ricordo della biografia di Collura, proprio per aver letto la tua recensione non tanto tempo fa. La affronterò non prima di aver letto qualche altro libro dello scrittore siciliano: ho sempre trovato le biografie più godibili se si conoscono le opere di cui si parla. Grazie.
Per Cristina:
conoscendo un po' i tuoi gusti, mi stupisce che questo romanzo non ti abbia colpito. Dal canto mio, era molto tempo che non davo un 5 pieno ad un romanzo. Questo l'ho trovato un capolavoro, a metà tra letteratura e filosofia.
Grazie Laura e Bruno: pensare che un quarto di secolo fa, a scuola, mi fecero studiare Pirandello nella consueta antologia. Niente di più... Cos'altro mi sarò perso??
Quanto al Pirandello che ti propinavano a scuola, stendiamo un velo pietoso.
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Ciao