Dettagli Recensione

 
La coscienza di Zeno
 
La coscienza di Zeno 2016-03-17 23:13:36 GPC36
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
GPC36 Opinione inserita da GPC36    18 Marzo, 2016
Top 500 Opinionisti  -   Guarda tutte le mie opinioni

Inettitudine e psicanalisi

Lettura accantonata per troppi anni, dopo che – essendo appena entrato nella bella stagione dei quarant'anni - mi aveva irritato, nella lettura del romanzo precedente di Svevo, vedere attribuita ad un Emilio Brentano, neppure quarantenne, una condizione di “Senilità” ritenendo (allora come oggi) che per quel personaggio si trattasse di inettitudine, mancanza di volontà, incapacità di cogliere la realtà dei rapporti umani. Insomma, una questione personale tra me e Italo Svevo, che mi aveva fatto desistere da altre letture dello scrittore.
Soltanto ora, entrato nella senilità reale, ho preso in mano la sua opera più significativa.
Se “La coscienza di Zeno” non è il primo “romanzo di analisi” di Svevo, poiché si lega per molti aspetti ai precedenti “Una vita” e “Senilità”, divengono più nette nella sua impostazione narrativa le caratteristiche che ne fanno un modello di tale filone letterario.
Viene superata la sequenza cronologica, con un’articolazione tematica nelle quattro parti: il fumo; la morte del padre; la storia del matrimonio; l’associazione commerciale con il marito della donna che avrebbe voluto sposare e la conclusione dedicata alla psicanalisi.
La narrazione è in prima persona ed il soggetto narrante, che rimane pressoché avulso dal contesto storico e ambientale, si concentra sul proprio malessere esistenziale.
Un malessere che si manifesta nella sua inettitudine (“non so fare altro che sognare o strimpellare un violino per cui non ho alcuna attitudine”), nell'incapacità di affrontare e vincere le sfide della vita, condizione che ne fa un perdente o una persona che subisce le decisioni di altri nei momenti cruciali: il fumo è vissuto come malattia contro cui è inutile combattere; la sua non affidabilità nell'attività commerciale viene risolta dal padre mettendolo sotto tutela; l’ultimo gesto del padre morente, vissuto come uno schiaffo, determina un senso di colpa che non genera alcuna reazione positiva; arriva al matrimonio con Augusta, quella delle sorelle Malfenti che aveva scartato appena conosciuta per lo scarso fascino, dopo essere stato respinto dalle altre due sorelle in età da marito; dall'amante viene lasciato proprio quando, quella che aveva vissuto come un’avventura insignificante, sembra coinvolgerlo passionalmente.
Niente sembra generare in lui reali slanci emotivi: né verso la moglie, né verso l’amante, né nel rapporto con i figli, né per l’inizio della grande guerra.
Vivendo la sua inettitudine come una malattia si affida alla psicanalisi, che nei primi anni del secolo scorso era agli inizi e costituiva oggetto di curiosità scientifica. Il rapporto con lo psicanalista è la finzione letteraria che dà lo spunto al romanzo, presentato come una confessione scritta su richiesta del medico terapeuta. Nello stesso tempo è anche oggetto di una valutazione sarcastica nel capitolo finale, il più interessante e vivace, in cui parla della psicanalisi come di una “ciarlataneria”. Giunto ad una reale maturità constaterà che non la psicanalisi, ma il commercio l’avevano guarito. A quel punto, rovesciando la convinzione che lo aveva portato ad affidarsi alla psicanalisi, afferma che non esistono persone sane e malate, esistono persone persuase di essere malate e persone convinte dalla massa e dalla società a considerarsi sane.
Lo stile è il punto a mio avviso più debole del romanzo, con un’esposizione monocorde, senza slanci narrativi né emotivi. Certamente tale esposizione può essere attribuita alle caratteristiche del personaggio narrante; è però difficile evitare un confronto, pur con i rischi di questi paragoni, con lo stile scintillante, ironico di un altro romanzo di analisi “Il fu Mattia Pascal” di Pirandello, che ugualmente ha un inetto come personaggio centrale. In tale confronto il divario stilistico appare evidente.
Solo nel capitolo finale lo stile si vivacizza sino alla sconcertante conclusione che sembra prefigurare –nel 1915 !- un’umanità distrutta da un’esplosione nucleare.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
A chi non vuol farsi mancare la conoscenza di un testo fondamentale della letteratura italiana
Trovi utile questa opinione? 
170
Segnala questa recensione ad un moderatore

Commenti

2 risultati - visualizzati 1 - 2
Ordina 
Per inserire la tua opinione devi essere registrato.

L'ironia a mio avviso è presente in tutta la narrazione, con uno stile asciutto che a me piace. Tutti i romanzi di Svevo meritano di essere letti e non si dimenticano.
È una lettura sempre interessante.
2 risultati - visualizzati 1 - 2

Le recensioni delle più recenti novità editoriali

Volver. Ritorno per il commissario Ricciardi
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Identità sconosciuta
Valutazione Utenti
 
3.3 (1)
Incastrati
Valutazione Utenti
 
3.8 (1)
Tatà
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Intermezzo
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Il mio assassino
Valutazione Utenti
 
4.5 (1)
La vita a volte capita
Valutazione Utenti
 
4.3 (3)
Il dio dei boschi
Valutazione Utenti
 
4.1 (3)
La prova della mia innocenza
Valutazione Utenti
 
3.3 (1)
Il sistema Vivacchia
Valutazione Utenti
 
4.5 (1)
Il passato è un morto senza cadavere
Valutazione Utenti
 
4.3 (2)
La mano dell'orologiaio
Valutazione Utenti
 
4.3 (1)

Altri contenuti interessanti su QLibri

Il garofano rosso
Vita
La ballerina
Eleonora d'Arborea
Satiricon
L'illusione
L'uomo è forte
La bella di Cabras
Il marchese di Roccaverdina
Una giornata
Una vita
Suor Giovanna della Croce
Dopo il divorzio
Il podere
Con gli occhi chiusi
Geografia. L'Italia