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La lotta contro il mondo
“Le sublimi anime passeggiano sopra le teste della moltitudine che oltraggiata dalla loro grandezza tenta d'incatenarle o di deriderle, e chiama pazzie le azioni ch'essa immersa nel fango non può, non che ammirare, conoscere. – Io non parlo di me; ma quand'io ripenso agli ostacoli che frappone la società al genio ed al cuore dell'uomo, e come ne' governi licenziosi o tirannici tutto è briga, interesse e calunnia – io m'inginocchio a ringraziar la Natura che dotandomi di questa indole nemica di ogni servitù, mi ha fatto vincere la fortuna e mi ha insegnato a innalzarmi sopra la mia educazione. So che la prima, sola, vera scienza è questa dell'uomo la quale non si può studiare nella solitudine, e ne' libri: e so che ognuno dee prevalersi della propria fortuna, o dell'altrui per camminare con qualche sostegno su i precipizj della vita.”
Romanzo epistolare tra le opere più famose di Ugo Foscolo e apertamente ispirato al Werther del tedesco Goethe, le Ultime lettere di Jacopo Ortis narrano la lotta contro il mondo di un giovane, con tutta evidenza alter ego dell’autore. Ragazzo di personalità passionale e portata alla riflessione, Jacopo Ortis vive il dramma di due brucianti delusioni. La prima è di natura politica e si deve al trattato di Campoformio, con cui Napoleone nel 1797 spense tutte le speranze che molti Italiani ed intellettuali, tra cui ovviamente Foscolo, riponevano in lui; si rende evidente così la vittoria degli interessi di Stato sugli ideali che l’autore appoggiava credendoli incarnati nel futuro imperatore francese. A questa prima doccia gelata si aggiunge l’amore impossibile con Teresa, promessa sposa a un giovane di buona famiglia, Odoardo. Verso di lui Jacopo fa convergere tutto il suo doloroso disprezzo per una società in cui interessi politici ed economici riescono ad aver la meglio su amore e passione, erotica e politica. Jacopo giunge quindi alla conclusione che la società è nemica della natura umana, è essa stessa il cancro dell’uomo poiché lo abbandona nella scelleratezza della razionalità fredda e calcolatrice.
Ciò che distingue Ortis dal Werther goethiano è stato individuato non tanto nel contenuto, evidentemente affine, quanto nello stile. Se l’alter ego di Goethe scrive in una prosa potente e riccamente passione, l’alter ego di Foscolo si esprime con un linguaggio poetico e a tratti sublime, tanto da poter definire le sue lettere poesia in prosa. Inoltre, se Werther evidenziava grandemente la dimensione umana, Jacopo è un personaggio di grande levatura filosofica, perfettamente calato nella nascente mentalità del Romanticismo: il protagonista fa infatti emergere dalle sue lettere una visione del mondo oramai ben lucida.
“Io non so né perché venni al mondo; né come; né cosa sia il mondo, né cosa io stesso mi sia. E s'io corro ad investigarlo, mi ritorno confuso d'una ignoranza sempre più spaventosa. Non so cosa sia il mio corpo, i miei sensi, l'anima mia; e questa stessa parte di me che pensa ciò ch'io scrivo, e che medita sopra di tutto e sopra se stessa, non può conoscersi mai. Invano io tento di misurare con la mente questi immensi spazj dell'universo che mi circondano. Mi trovo come attaccato a un piccolo angolo di uno spazio incomprensibile, senza sapere perché sono collocato piuttosto qui che altrove; o perché questo breve tempo della mia esistenza sia assegnato piuttosto a questo momento dell'eternità che a tutti quelli che precedevano, e che seguiranno. Io non vedo da tutte le parti altro che infinità le quali mi assorbono come un atomo.”
Una volta aperti gli occhi, la sua filosofia sembra anticipare concetti che di lì a poco saranno il nucleo del pensiero del più grande poeta romantico italiano, Giacomo Leopardi: la disillusione verso la vita, il disprezzo verso la Natura matrigna, la morte dei desideri, la presa di coscienza del nulla della vita umana di fronte alla sconfitta delle passioni, il fallimento dell’immaginazione e l’attesa dell’unica consolazione possibile, la Morte.
Commenti
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Sulla visione pessimistica e materialista della vita, penso che Foscolo e Leopardi siano stati fra le più celebri vittime di questa settecentesca corrente di pensiero nel suo transito verso il Positivismo ottocentesco.