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Rabbioso orgoglio di una donna di Sicilia
Tra strilla e dolori, in una stanza della casa natìa, Marta Aiala è in attesa di mettere alla luce il figlio di suo marito, Rocco Pendragora.
Tra rantoli e vergogna, Francesco Aiala è rintanato al buio in un'altra stanza, dove maledice sua figlia e la sorte che toccherà al bambino per l'infamia calata sulla famiglia.
E' una scena bellissima e drammatica – costruita in una sorta di montaggio cinematografico ante litteram – quella che Luigi Pirandello pone al culmine di questa storia (sebbene si sia quasi ad inizio libro).
L'esclusa è Marta Aiala, scacciata di casa dal marito il giorno stesso in cui è sorpresa a leggere una lettera inviatale dell'avvocato Alvignani. L'uomo, che ben presto diventerà deputato, è sinceramente invaghito di quella donna. Ma ella è sposata, e in un paese della Sicilia il non rimandare indietro le missive di un altro uomo (senza nemmeno leggerle, naturalmente) è un torto imperdonabile, un'offesa ai costumi, la definitiva perdita dell'irreprensibilità.
All'esordio, Luigi Pirandello racconta la sua Sicilia attraverso un grande personaggio femminile: Marta Aiala, precipitata dalla morale paesana in un baratro, è una donna che semplicemente “non ci sta”. Non ci sta ad indossare i panni della vittima (come pretenderebbero le convenzioni sociali per la colpa che si intende imputarle), non ci sta ad essere additata (per una retrograda morale maschilista alla quale le stesse donne, prima ancora degli uomini, si offrono), non ci sta a sacrificare irrimediabilmente la propria vita né quelle di sua madre e sua sorella.
La via del riscatto è fatta di forza, sofferente tenacia, volontà di rivalsa. Una rivalsa dolente, tuttavia, che non vedrà alcun vincitore: da certe cose non è possibile tornare indietro come nulla sia successo.
C'è tutto Luigi Pirandello in questa storia di grande spessore. C'è la capacità di raccontare il dramma (o, come sarà in altre opere, lo smarrimento esistenziale) attraverso l'ironia: così Rocco Pendragora giustifica la “mancanza” di sua moglie attraverso la tradizione intergenerazionale che vuole le corna quale marchio dei maschi della propria famiglia; così la stessa Marta si riprende ciò che aveva perso in forza di un curioso destino. Ma non difettano nemmeno vicende drammatiche e struggenti, come quella del professor Matteo Falcone.
Non siamo ai paradossi de “Il fu Mattia Pascal” né dei “Sei personaggi in cerca d'autore” o di “Uno, nessuno e centomila”, ma il primo romanzo dell'autore siciliano – pubblicato nel 1901 – contiene già in sé la forza dei capolavori che verranno.
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Commenti
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Grazie.
Federica
Tra importante ed essenziale, Bruno, sceglierei essenziale :)
Non conosco la storia di Pirandello, Emilio. Mi sa che Collura sarà prima o poi una tappa obbligata.
@Emilio: pensavo che Collura fosse solo biografo di Sciascia, invece a scritto anche di Pirandello...
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