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La veranda
 
La veranda 2015-02-18 05:54:25 siti
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
siti Opinione inserita da siti    18 Febbraio, 2015
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"Spesso il male di vivere..."

Ho trovato un tesoro prezioso. Vivo la sensazione di una scoperta inattesa e ricca. Ho scoperto “La veranda”: è il suo destino essere scoperta. Nel 1981 giaceva, forse dimenticata, tra le cartelle di uno dei sommi giuristi di fama europea che la Sardegna, generosa, ha saputo donare. Giaceva adagiata fra scritti di altra natura ai quali il suo autore si era poi dedicato. Alla sua morte è emersa, salvata dal destino che il suo autore le aveva riservato:” L’ho distrutto”. Salvatore Satta, non apprezzato all’esordio con la sua proposta al Premio Viareggio, scartato il suo primo lavoro, abbandonò il mondo dei letterati ma non certo quello della letteratura. Lo si ricorda oggi per il suo più famoso “il giorno del Giudizio” (1977) e per il “De profundis” scritto nel ’48 una profonda meditazione sull’Italia postfascista e del dopoguerra .

Ambientato in un sanatorio o meglio nella sua veranda, per le famose pratiche già elevato a dignità letteraria nel ’24 da Thomas Mann ne “La montagna incantata”, l’opera ha per protagonista un giovane avvocato che, malato di “tuba”, tra una “pipa” (termometro) e una “bomboniera” (sputacchiera), osserva un microcosmo e lo rappresenta restituendocelo come lirica metafora dell’umanità.
La veranda è luogo personificato: ingloba con i suoi accadimenti il bene e il male.
La veranda è una cassa di risonanza dove ogni parola detta o taciuta, paradossalmente, si amplifica, dove non risuonano conversazioni ma “parole che rompono dal mondo”.
Gli ospiti sono nominati come i luoghi dai quali provengono, ma oltre il Po “gli uomini diventano regioni ché paesi e città non hanno risonanza negli animi di questi comunardi, e il muro e la fossa sono rimasti nel loro spirito”.
La veranda è la metafora dell’ ”adattamento animalesco” alla vita e a tutto ciò comporta :“nell’affetto e nell’amicizia e fin nell’amore noi affondiamo nella consuetudine, come l’albero le sue radici nella terra; e il dolore prima che ogni cosa è una ferita alla consuetudine.”
Le pagine si susseguono una più bella dell’altra e non è la narrazione il fulcro che spinge il lettore a consumar le righe, a voltar pagina, quanto la brama di conoscere il pensiero di un giovane autore emergente che, ricordando la tempestiva genialità dei grandi nomi della letteratura, ti sorprende per la visione della vita e per la lucidità con la quale ce l’ha restituita, sottilmente ispirata al “male di vivere” di montaliana memoria.
A voi scoprirla l'opera, se gradite.

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Commenti

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Bellissimo commento, Laura, invita alla lettura.
Laura, trovo molto interessante il tuo commento, anche se non conosco l'autore, se non di nome. Il richiamo a T. Mann mi incuriosisce.
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siti
18 Febbraio, 2015
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Grazie Anna Maria, spero se lo leggerai sia di tuo gradimento. Ciao
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siti
18 Febbraio, 2015
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Grazie Emilio per aver commentato, chissà se lo apprezzeresti? Certo è che ci sono alcuni elementi in comune tra le opere anche se questa non presenta la complessità dell'opera di Mann. Sicuramente un'opera originale vista la giovane età dell'autore e la visione che ne traspare. Ciao
E' un libro profondo, pieno di cultura nel senso più alto, di "masticazione" della realtà, e di coraggioso, lento adattamento al mondo. Tutto il finale, poi, è stupendo: "E non volevi tu andare, andare randagio, e che tutti ti gettassero addosso del fango?".
Ciao Laura,
un intervento davvero particolare, su un testo che promette di essere una bella sorpresa! :-)
b
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siti
18 Febbraio, 2015
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E sì. ..un finale bellissimo come il libro del resto.
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siti
18 Febbraio, 2015
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Grazie Bruno per averlo letto, il libro merita davvero.Ciao
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Portoro
18 Febbraio, 2015
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Chiedo scusa, tradito dalla memoria: "Ma una volta non avevi sognato di andare, di andare randagio, e che tutti ti gettassero addosso del fango?".
Prendo nota, grazie!
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