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Avvincente
Il romanzo narra le vicende della famiglia Uzeda, appartenente alla vecchia aristocrazia siciliana di origine spagnola, alle prese con un importante crocevia storico: il disfacimento del Regno di Napoli e la nascita del Regno d'Italia. Fra vecchi privilegi accumulati dalle famiglie nobiliari e nuovi obblighi nei confronti del neonato stato unitario, i componenti della famiglia si barcamenano ciecamente alla ricerca di profitti, vantaggi personali e del mantenimento di quella vecchia supremazia di cui sono depositari in quanto eredi dei Viceré di Sicilia. La storia si basa su innumerevoli personaggi, tutti ben delineati, alcuni addirittura grotteschi nel loro realismo, che formano una galleria che non ha uguali nella letteratura italiana. Spiccano di sicuro in questo corteo di caratteri la principessa Teresa Uzeda, vendicativa, dispotica, arrogante, che fa di tutto pur di assecondare i capricci del terzogenito Raimondo, mortificando tutti gli altri figli; l'erede del titolo, Giacomo, accaparratore seriale di ricchezze, il cui unico obiettivo è quello di riconcentrare nelle sue mani quel patrimonio che la madre gli aveva negato; lo zio Don Blasco, blasfemo ed arrogante monaco benedettino, che "reagisce" alla dissoluzione del convento di cui faceva parte, imposta dal Regno di Italia, con l'acquisizione di numerose proprietà e che, dimentico dei dettami dell'ordine di cui fa parte finirà col condurre una vita quasi laicale. A questi personaggi, se ne associano molti altri, tutti ondeggianti fra due vizi estremi: il relativismo morale ed etico da un lato e il gretto conservatorismo dall'altro. Tutti insieme, i membri della famigla Uzeda, forniscono uno spaccato estremamente realistico del disfacimento morale dell'aristocrazia all'affacciarsi della modernità: la nobiltà non è più tale per sangue, per famiglia, ma rimane tale alla luce dei privilegi e delle proprietà acquisite.
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Trovo bello e interessante il tuo commento: stimola a leggere il libro (che io non ho ancora letto).
Da ciò che hai scritto, il degrado morale della classe aristocratica dell'epoca pare diventare emblema del degrado di un'intera nazione; situazione in cui siamo tuttora coinvolti.
Riporto un breve passo del libro che sto leggendo ("Ritratto di signora", di H. James) riferito ad uno straniero che risiede sulle colline fiorentine (in un'epoca imprecisata, verso la fine dell'Ottocento) :
"L'Italia, comunque, aveva guastato molta gente; lui stesso (...) riteneva che sarebbe stato un uomo migliore se non avesse trascorso lì tanta parte della sua vita. Faceva diventare pigri e dilettanti e mediocri; non offriva nessuna disciplina per il carattere...".