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L'ombra di una vita
Immaginate che la Fortuna vi abbia fatto un dono immenso. Dopo anni e anni di sopportazione, di incertezza, di delusione e amaro in bocca, vi viene data la possibilità di cominciare da capo. Ripartire da zero. Potrete ricreare la vita che vorrete senza commettere più gli errori e le stupidità che ancora vi fanno arrossire. Senza dimenticare il bel gruzzoletto che la sorte, incredibilmente sorridente, vi ha fatto trovare in tasca. “Che vorremmo di più?”, penserete tutti, “Siamo gli uomini più fortunati e felici della terra. La libertà! La libertà di scegliere, di condurre una vita come vogliamo noi e non come ce l'hanno imposta (direttamente o indirettamente) gli altri. Finalmente abbiamo in pugno la nostra esistenza!”. Ma siete sicuri? Pensate veramente che quella che chiamate libertà sia veramente tale? Vi siete accorti che il mondo è rimasto sempre lo stesso, con le sue convenzioni, le sue maschere, i suoi asfissianti ritmi? Né siete cambiati voi. Potrete farvi chiamare con un altro nome e trasferirvi in un'altra città, ma rimarrete sempre quelli che siete con i vostri dubbi e le vostre incertezze. Ben presto vi accorgerete che la libertà che avete tanto elogiato si rivelerà essere noia, solitudine, abbandono. Quella famosa libertà vi impedirà di vivere. E allora come vorrete rimediare al pasticcio che avete combinato! Non vi sto prendendo in giro, ve lo assicuro. Ho un testimone: Mattia Pascal, l'uomo dalle tre vite.
Mattia Pascal è un uomo semplice, scioperato, pieno di dubbi e incertezze. È uno come noi, forse un po' più sfortunato. Ha dovuto vedere il dissesto del proprio patrimonio famigliare. Tutte le case, i poderi, le terre nella sua bella Miragno sono ormai in mano ai creditori. Il povero Mattia si è trovato a vivere in una misera casetta con una moglie che non ama più e una suocera bisbetica. I debiti e i lutti lo perseguitano. Trova un po' di pace solo nell'odore stantio della semi-abbandonata biblioteca del suo paesello ma presto questa si trasforma in tedio. Mattia vuole fuggire, fuggire da quell'esistenza deludente e alla fine lo fa. Va a Nizza dove vince una ragguardevole cifra. “Scialato”, decide di tornare a casa ma durante il ritorno legge sul giornale una notizia sconvolgente: “Mattia Pascal trovato morto nella gora del mulino della Stia. Suicidio”. Ripresosi dallo shock iniziale, cambia treno. È il primo passo della sua nuova vita. Mattia Pascal ormai è il passato, Adriano Meis è il presente. Si trasferisce a Roma, dove potrà finalmente godere della sua nuova libertà ma ben presto si renderà conto del contrario....
Luigi Pirandello dà vita a una idea molto originale con uno stile semplice, chiaro, lineare. L'umorismo e l'ironia fanno da padroni. Un umorismo che snellisce e allo stesso tempo rinvigorisce la profondità concettuale. Un'ironia che rende la lettura frizzante, agile, estremamente scorrevole senza offuscarne il carattere paideutico. Lo stile pirandelliano sostituisce quel miele sui bordi del cucchiaio di lucreziana (e tassiana) memoria che attenua l'amarezza della medicina perché tra sorrisi e canzonature ci vengono presentati temi filosofici, esistenziali,metaletterari di non poca importanza. Abbiamo quindi “il buco nel cielo di carta” che ha permesso il passaggio dalla tragedia antica a quella moderna, da Oreste a Amleto e la “lanterninosofia” che ci viene sbattuta in faccia in tutto il suo relativismo, senza dimenticare la critica serrata alla società del consumismo sfrenato, del finto progresso, del movimento senza fine. Come potrebbe l'uomo non estraniarsi e perdere se stesso con tutte le distrazioni, i ninnoli, le futilità del mondo della scienza e delle macchine? Infatti non è dalla lampadina elettrica che si estrae l'olio per la nostra anima, per il nostro lanternino che dà colori e sfumature all'universo di cui siamo partecipi. Con tutti questi macchinari e catene di montaggio diventiamo degli automi senza personalità. Diventiamo delle maschere deprimenti che nascondono e tacciono. E che è una vita senza emozioni, comunicazione, senza trasparenza, senza insomma vita? Niente. Finiamo per essere ombre di defunti che benedicono la morte fisica dopo anni e anni di morte spirituale.
Pietra miliare della lettura italiana da leggere assolutamente. Buona lettura!
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Commenti
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@ Emilio: I classici e i saggi storici sono i miei generi preferiti e devo ammettere che la letteratura contemporanea non la conosco tanto anche perché i non molti libri contemporanei che ho letto mi hanno nella maggior parte dei casi deluso. Purtroppo il problema di oggi è la letteratura spazzatura, libri usa e getta con le solite storie trite e ritrite scritte in maniera sgrammaticata e superficiale. Tutto ciò scoraggia il lettore che vuole leggere libri nel vero senso della parola che di sicuro ci sono ma che sono oscurati dai tanti libretti da sentimenti spiccioli. Inoltre bisogna ricordare il fatto che oggi un libro è valutato e pubblicato per lo più secondo canoni commerciali e non secondo criteri letterari. La legge della domanda e dell'offerta è la padrona, non quella della qualità. Da qui il mio sconcerto.
Spetta pero' anche a noi difendere la letteratura di qualità' : e' un piccolo apporto di civiltà'.
Una insegnante e scrittrice (P. Mastrocola) chiedeva provocatoriamente (a proposito del basso livello della scuola italiana) :''... E allora dobbiamo lasciar morire Proust ?" .
Saluti
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Complimenti per la recensione.
Vedo che ti dedichi alla grande letteratura: quando ci si abitua a quella, i romanzetti che purtroppo stipano le librerie annoiano.
"Temo che sia proprio la cattiva letteratura a riempire la testa di sentimenti falsi" (Marai, da "La donna giusta").