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L'affascinante autodistruzione del proprio Io
Totalmente ammaliata dallo stile e dalla mente pirandelliana a seguito della lettura "forzata" dalla mia insegnante di italiano del capolavoro "Il fu Mattia Pascal", mi sono recentemente lasciata travolgere da quest'altro romanzo estremamente geniale dello scrittore siciliano.
L'elemento sicuramente più importante del romanzo è senza dubbio la perspicacia dello scrittore nel cogliere una così necessaria crisi di identità che ogni uomo, prima o poi, vive nel corso della propria esistenza. Interessante è l'approccio, la realizzazione di una tesi ai limiti dell'assurdo e la successiva presentazione di diverse antitesi che vengono totalmente svalutate grazie ad ingegnose - e folli - argomentazioni.
Il doppio, già presentato attraverso il duo Mattia Pascal-Adriano Meis, diviene molteplice nelle "centomila" personalità che vengono realizzate dalle persone che circondano il protagonista Vitangelo Moscarda che, sentendo annullato e frantumato quell' "uno" che è lui per sé stesso, trasforma quei "centomila" in "nessuno" attraverso il solo uso della parola, lasciando il lettore sbigottito al pensiero che qualcun altro possa aver fondato una tesi di vita su tali sillogismi iperbolici che hanno quasi il sapore del paradosso.
La pazzia e la distruzione, presentati da Pirandello e dal suo personaggio Moscarda come le due alternative all'umana crisi di identità, proprio nel protagonista si fondono in una follia autodistruttiva portata alle estreme conseguenze e che culmina proprio alla fine del libro con una conclusione che, allo stesso tempo, darà delle risposte e farà nascere altre domande.
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Commenti
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In ogni caso, sono d'accordo con Emilio: il tuo è un bel commento ad una grande opera della nostra letteratura.
Ad ogni modo, ringrazio entrambi per i commenti.
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Ritengo utili le letture ' forzate ' imposte dalla scuola (ovviamente di alto valore letterario), altrimenti si rischierebbe di rimanere in dipendenza delle classifiche del mercato editoriale, spesso qualitativamente deludenti.