Dettagli Recensione
Forse che sì, forse che no
L'ultimo romanzo che il Vate ci ha donato, senza dubbio il più fruibile, reca in sé la semplicità delle grandi opere, una trama complicata senza essere pesante e un lessico che è musica, una sintassi che trascina il lettore, un periodare che culla quando è necessario, ma sprona a continuare quando la vicenda lo richiede; si ha letta sensazione di non essere noi a leggere il libro, ma che esso abbia una sua volontà e ci induca ad obbedirgli.
La storia, a differenza degli altri romanzi, ha un suo compimento, non è semplice strumento atto ad esaltare il protagonista, ma un insieme di figure le cui caratterizzazioni, anche se solo accennate sono precise, intense, toccanti.
L'ascesa personale si fonde con quella materiale, la ricerca della perfezione diviene tutt'uno con il possesso dei cieli, il superuomo si identifica con la nascente aviazione, con i primi aerei; infatti Paolo è un pilota di auto, ma si diletta anche nel guidare le nuove macchine volanti ed è in questo sfidare la natura, quasi possederla e plasmarla ai propri voleri, che si identifica la forza e il valore del protagonista.
Il personaggio principale femminile è, forse, il più intenso di tutta la produzione D'annunziana; donna ricca e sicura di sé; appare fin da subito come una pietra preziosa, ricca di mille sfaccettature, che nelle sue frasi, nel suo legger dialogare, nasconde un mondo, un peso che in modo lento ma inesorabile la trascina nell'abisso della propria anima; un viaggio così lento che non permette marcia indietro, perché non percepito, perché non compreso.
Sembra di cogliere la disperazione subitanea che la invade nel momento della comprensione, quando tutto è chiaro, perché svelato, perché il destino inesorabile e vendicativo non ammette catarsi, non ammette pentimento; così tutto il peccato, tutta la colpa, tutto ciò che in fondo alla sua anima era presente, ma nascosto, si palesa e la rende folle, di quella follia che acceca, di quella follia che annebbia col dolore che provoca; non sono le descrizioni che la rendono così viva, ma le azioni, gli sconvolgimenti repentini della sua anima, quella presa di coscienza tardiva che non ammetterà nessuno sconto, questo viaggio annunciato, perché già scritto, perché inevitabile, non può non essere un purgatorio e il lettore spera con tutto se stesso che per questa donna, colpevole senza dubbio di un peccato indicibile, possa esserci una redenzione se non in questa vita almeno nell'aldilà.
Già questa caratterizzazione basterebbe a rendere quest'opera un capolavoro, ma si aggiungono i personaggi secondari che per intensità non le sono secondi e rendono il protagonista così essenziale pur nella sua inazione, così superiore esaltando la sua luce con le loro tinte chiaro-scure e preparandogli la strada affinché si compia la sua consacrazione là in alto nel cielo fino ad allora inesplorato, primo uomo a toccare quelle vette fino ad allora sfiorate solo dagli dei.
Stupisce che non sia il romanzo più conosciuto, superiore sotto tutti gli aspetti a “Il piacere” perché pur contendo molti dei temi lì trattati, si respira un'aria più matura, una padronanza del lessico, se possibile, ancora più potente, un senso del ritmo che detta le regole, una trama che è centrale senza essere preponderante.
La giusta dose di ogni singolo ingrediente per far si che questo sia il romanzo più completo e forse definitivo.
Lettura raccomandata, non se ne può restare delusi se si ama la letteratura.
Indicazioni utili
Commenti
9 risultati - visualizzati 1 - 9 |
Ordina
|
Non riesco a capire cosa si possa dire che abbia una scrittura difficile, certo un ragazzino delle medie potrebbe trovare indigeste certe pagine, ma un ragazzo di diciotto anni non può non comprendere la forma e la sostanza.
Leggendo "Il fuoco" ho molto rimpianto di non averlo studiato al liceo poiché leggerlo nel momento in cui tutte le nozioni classiche, intendo delle tragedie greche e latine, sono fresche.
La sconfinata cultura di D'Annunzio è forse il solo limite alla comprensione profonda dei suoi testi, questo, come ovvio non vale per "L'innocente" o per "Il piacere" e neppure per "Forse che sì, forse che no" poiché la trama è più fluida, ma per gli altri sarebbe necessario uno studio approfondito, come per Dante e per Manzoni.
Io lo ritengo uno degli ultimi romanzieri puri della letteratura Italiana.
D'Annunzio attualmente, come sappiamo, è sottovalutato per motivi extraletterari. Concordo con il critico Bloom, il quale afferma che leggere con atteggiamento ideologico è come non leggere.
Se vogliamo poi analizzare la sua visione del Superuomo, in realtà è molto ridimensionata rispetto all'idea che passa comunemente; i protagonisti maschili, alter ego dell'autore, vivono un rapporto molto conflittuale tra l'ideale da raggiungere e la realtà che sono, spesso questo conflitto, come ne "Il trionfo della morte" è oltrepassato con il suicidio o nell'omicidio come ne "L'nnocente".
Prima di tutto D'annunzio è un amante della sua lingua ed è questo che lo rende eterno.
D'annunzio è uno dei migliori scrittori italiani, se non il migliore in assoluto ed è tale nonostante la sua vita extraletteraria.
Se avesse avuto un talento anche un poco minore sarebbe andato nel dimenticatoio, ma l'arte non può essere affossata, semplicemente gli uomini con tutta la loro forza non possono.
Poi si può non avere la cultura e gli strumenti per affrontarlo o solo non gradirlo per gusto personale, ma non si finirà mai di leggerlo e di studiarlo abbastanza, perché è L'Italiano quello che scende in scena.
Io rimango dell'idea che vada studiato a fondo come in modo davvero intelligente e corretto ha fatto Cristina al Liceo, io non ho avuto questa fortuna, ma comunque ho rimediato col tempo! :-)
9 risultati - visualizzati 1 - 9 |