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Le vergini delle rocce
 
Le vergini delle rocce 2014-02-20 09:17:37 silvia71
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
silvia71 Opinione inserita da silvia71    20 Febbraio, 2014
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Le vergini delle rocce

Nelle intenzioni originarie di D'Annunzio, “Le vergini delle rocce” doveva essere il primo capitolo di una trilogia. Ciò lo apprendiamo dalle ultimissime righe del romanzo, in cui l'autore rimanda il lettore a seguirlo nei titoli successivi.
L'incompiutezza dell'opera ci obbliga ad elaborare un'opinione sul contenuto limitata a questo titolo, ponendoci amari interrogativi su come sarebbe stato l'intero excursus.

L'opera è del 1896 e rappresenta il punto d'incontro tra letteratura ed ideologia filosofica, figlia dell'attrazione d'annunziana per il mito del superuomo elaborato da Nietzsche.
La figura cui D'annunzio affida il ruolo del superuomo è il nobile Claudio Cantelmo, che entra prorompente in scena col suo bagaglio di idee ed ideali, contrario all' avanzata democratica, intenzionato a generare un erede che perpetui la propria gloriosa stirpe, voglioso di poter restaurare un sistema politico del privilegio.
Claudio è un animo focoso, volitivo, eccentrico, appassionato; egli incarna in toto l'ideologia politica e di pensiero promossa dalla penna che lo partorisce.

Stilisticamente il romanzo è percorso da una cesura netta; se la prima parte è l'espressione più alta del credo politico e filosofico d'annunziano, raggiungendo un alto grado di retoricità, la seconda parte è addolcita da un contenuto amoroso-passionale, ricca di protagonisti, esempio mirabile di prosa elegiaca e raffinata.

I piani di lettura del romanzo sono diversi, ciascuno è significativo e dotato di una caratterizzazione propria.
Il volto contenutistico dell'opera è uno spaccato fedele dell'ideologia contemporanea all'autore, trae linfa da determinate correnti socio-politiche dell'epoca, corroborato dagli impulsi filosofici nietzschiani che si insinuano tra le maglie narrative.
Tuttavia la sensazione netta di anacronismo che scaturisce dalla lettura, non ne deturpa il valore storico e letterario, anzi mette in luce la capacità dell'autore di far incarnare ai propri protagonisti ruoli ben definiti, di tratteggiare personalità cariche di emotività.
I personaggi che scorrono nell'arco della narrazione hanno il pregio di essere eterei eppure consistenti, avvolti da un'aura misteriosa che a mano a mano si dirada, svelandone sentimenti e aspirazioni.
Bellissime le figure delle tre sorelle candidate a ricoprire il ruolo di sposa del superuomo Claudio; donne che incarnano tre visioni differenti della vita, donne nebulose di cui non si riesce a cogliere l'essenza fino in fondo, archetipi della sensualità, della passionalità, della profondità spirituale.
Le pagine che accolgono l'incontro di Claudio con le sorelle, costituiscono un territorio in cui la penna di D'Annunzio abbandona il registro retorico ed ideologico dell'apertura dell'opera, per esplodere in una prosa aulica, raffinata e potente.
Egli mette in scena una danza morbida che vede abbracciarsi l'animo umano e la natura circostante; le descrizioni dei luoghi trasportano il lettore tra paesaggi accarezzati dal sole, tra gli aromi vaporosi delle essenze odorose dei vegetali oppure su collinette scoscese, rupi grigie e sassose, sotto cieli plumbei.

Un documento letterario datato, eppure di valore, espressione mirabile di una penna lirica in toto, anche nelle pieghe più ideologiche e filosofiche del suo pensiero.
Un frammento di un'opera forse già pianificata nell'interezza ma arenatasi nella produzione, di cui rimpiangiamo l'impossibilità di conoscere l'evoluzione degli eventi e dei protagonisti.

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Commenti

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Bellissima e profonda l'analisi di questo testo, Silvia. Io non l'ho letto ma mi è sembrato di ritrovare alcuni temi e alcuni caratteri che incontrai nel "Fuoco" e nel personaggio di Andrea Sperelli del "Piacere". Quello che mi sembra certo è che molto spesso D'annunzio viene messo da parte quasi con un sentimento di sufficienza, perchè non si riesce a separare l'artista dalla sua vicenda politica e personale, cosi obiettivamente discutibile. Personalmente trovo che gran parte della sua opera, anche se non tutta, sia di grande valore artistico.....
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silvia71
20 Febbraio, 2014
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grazie del tuo commento Anna Maria, che condivido pienamente.
Sto riscoprendo questo autore in questi giorni, grazie ad un percorso di rilettura dei classici intrapreso insieme a Silvia T.
Mi sono resa conto del diverso impatto procuratomi dall'autore a distanza di oltre vent'anni....e sto approfondendo titoli che conoscevo solo di fama.
In risposta ad un precedente commento
silvia t
20 Febbraio, 2014
Ultimo aggiornamento:
21 Febbraio, 2014
Segnala questo commento ad un moderatore
Verissimo quello che dici, D'Annunzio paga la sua condotta in vita, se non fosse stato così grande, così incredibile nell'utilizzare parole evocative che sfiorano la poesia per musicalità e potenza visionaria, neppure se ne parlerebbe.
La sua vita può essere criticata e immagino che se un autore è contemporaneo sia molto difficile scindere la condotta dall'opera, perché ogni parola, ogni immagine ricorda quelle azioni e quelle idee, ma dopo tanti anni, io credo, ci sia il dovere di mettere da parte la vita mortale e glorificare ciò che è immortale cioè la sua arte.
Ci sono delle frasi che davvero toccano l'anima, riescono a fondere musica e parole generando emozione.
Forse è vero non ci sono contenuto profondi, ma solo l'anima di un uomo, amplificata in tutte le sue sfaccettature e in tutta la sua essenza e descritta in un modo sublime: io credo possa bastare per rivalutarlo!
Passo :-)
La mia sopportazione della filosofia e' gia' ampiamente saturata da Mishima...
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