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Castigo e delitto
Vale la pena raccontare la storia di un inetto?
Questo è Giovanni Episcopo, “uomo a cui si manca di rispetto”, secondo la definizione beffarda che gli affibbiano i suoi colleghi d'ufficio. Viene però da chiedersi se sia degno di maggiore considerazione chi si diverte ad infierire sui deboli, sicuro di farla franca.
Quello che fa D'Annuzio in questo breve romanzo è tentare di riscattare un'anima, restituendo almeno la dignità della sofferenza ad un essere umano calpestato dalla sorte e dai suoi simili.
Lo fa attraverso la drammatica confessione del protagonista, con uno stile dostoevskiano, anche se in questo caso è il castigo a precedere il delitto.
In effetti la vita di Episcopo sembra essere tutta all'insegna di una punizione per una colpa non meglio identificata, e il “marchio” gli verrà impresso in fronte da Wanzer, uomo violento e prepotente che scaglia un bicchiere durante una lite ferendolo per sbaglio.
Da quel momento, per qualche strana ragione, Wanzer carnefice trova nel povero Episcopo il suo servo, la sua vittima designata:
“Io non vi so definire, per esempio, il sentimento profondo e oscuro che mi veniva dalla cicatrice”. E' un'onta, il segno di un legame persecutorio da cui non riuscirà più ad affrancarsi.
Spinto da una passione mortifera che i soliti lazzi crudeli dei colleghi incoraggiano, sposa una donna "di tutti" che lo disprezza: “...si metteva a ridere, di quel riso spaventevole, di quel riso inumano che le luccicava più nei denti che negli occhi”.
E' il dolore il leitmotiv di quest'opera, dolore impotente per un'esistenza vissuta da vile, dolore struggente per Ciro, il figlio morto che non è riuscito a proteggere col suo amore e che gli appare nelle notti insonni: “Quando mette il piede su la soglia, è come se lo mettesse nel mio cuore; ma piano piano, senza farmi male, oh, tanto leggero...”.
Ciro, cresciuto in una casa che gli appetiti sessuali della madre hanno reso simile ad un bordello, incarna il simbolo della purezza oltraggiata, in una narrazione percorsa da presentimenti di morte ed angosce ossessive che ricordano i deliri di Edgar Allan Poe.
L'epilogo sarà la lotta sanguinosa di un angelo contro un demone senza vincitori né vinti:
“I morti ritornano. Ritorna anche l'altro, qualche volta. Orribile, oh, oh, oh, orribile!”.
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Commenti
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@Bruno: si legge in poche ore, “dannunzia” anche tu! :-)
@Enrico: le similitudini con lo stile di Dostoeskij si notano subito e sono ricreate ad arte.
Grazie a tutti :-)
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