Dettagli Recensione
Giovanni Episcopo
Ho riletto dopo molti anni questo romanzo breve di D’Annunzio ritrovandolo comunque molto bello.
Giovanni Episcopo è il protagonista della storia e dà il titolo al romanzo; in realtà le circa 80 pagine sono una vera e propria confessione fatta da Giovanni allo stesso D’Annunzio e al suo amico filosofo Angelo Conti una sera in un’osteria.
Giovanni Episcopo è un impiegato, una di quelle figure grigie senza un carattere predominante anzi si ritiene ed è ritenuto dai suoi conoscenti un debole. Una sera a cena nella pensione dove abita conosce Giulio Wanzer quando questi, lanciando un bicchiere durante una discussione, lo prende in fronte lasciandogli un taglio. Questa cicatrice rimarrà come un segno della viltà di Giovanni Episcopo e della sua schiavitù nei confronti di Wanzer. Scherzando e prendendolo in giro davanti agli altri colleghi a cena, Wanzer lo fa fidanzare con la cameriera Ginevra Canale; Giovanni, prendendo seriamente la cosa e non vedendo la malignità nel comportamento degli altri, raggiunge la ragazza a Tivoli ed in seguito la sposa.
E’ l’inizio della seconda schiavitù di Giovanni Episcopo, quella nei confronti della moglie e della suocera che lo umiliano in tutti i modi possibili. Per colpa loro perde anche il lavoro che era l’unica cosa che lo facesse sentire un uomo valido. L’unico raggio di sole nella sua meschina vita è suo figlio Ciro sul quale riversa un amore immenso. E’ proprio quando Wanzer (nel frattempo diventato l’amante di Ginevra) si scaglia su suo figlio che Giovanni, vedendo Ciro in pericolo, ritrova il coraggio del debole e lo uccide.
Questa è una storia molto triste, non ha in sé nessun riscatto, anche l’omicidio non è vendetta ma l’atto di violenza di un uomo succube, vile. La bellezza del romanzo è naturalmente data dal genio di D’Annunzio, dal suo stile letterario, dal suo modo di presentarci il fatto, nella frammentarietà dei ricordi e del racconto di Episcopo, nei suoi incubi, nella sua disperazione ma anche nella sua capacità di dare amore nonostante tutto, nella limpidezza della sua anima.
Questo racconto-confessione è il tributo di D’Annunzio ad una delle correnti letterarie dell’epoca (basti ricordare gli autori russi) e, pur discostandosi dagli altri suoi romanzi, egli ne riprende la modalità ne “L’innocente”.
Ho trovato una frase che ben rappresenta questo racconto:
-Attenti alla furia dei deboli e alla rabbia degli indifesi -
Indicazioni utili
il film "Giovanni Episcopo" di Lattuada
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