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Alcune cose è meglio che restino antiche
Non è facile recensire un capolavoro classico andando contro il giudizio generale, ma tenterò di dare le mie motivazioni e di giustificare una delusione che, nel panorama delle opere del nostro passato che spesso riescono ad affascinarci proprio perchè antiche ma attuali, mi ha impedito addirittura di portare a termine la lettura. Lo farò però sottolineando due premesse fondamentali: non provo alcun interesse per i voti negativi, che sicuramente attireranno i più accaniti sostenitori del maestro Fogazzaro, e ho intenzione di continuare a definire quest'opera un "capolavoro" per il percorso che essa ha compiuto e per rispettare l'aura di saggezza e austerità che un romanzo del genere può suscitare anche solo di nomea. Praticamente sto dicendo che a me l'opera non è piaciuta per niente e non la consiglierei neanche se fosse stata scritta nella preistoria, ma che sono consapevole del suo valore.
Detto ciò, tenterò di esprimere il mio malcontento analizzando l'opera in maniera anacronistica, brevemente, nel suo valore letterario e non storico, come un romanzo e non come una preziosa eredità. Ce ne sono a tonnellate di opere che, parliamoci chiaro, affrontano gli stessi problemi e lanciano le stesse invettive, con dialetti o lingue arcaiche, con personaggi del popolo o della corte, in mille modi diversi, e lo fanno molto meglio, inglobando un piacere di lettura che va ben oltre il semplice "ha una trama profonda e l'hanno scritto molto tempo fa, quando era difficile tirare avanti, quindi deve essere per forza bello".
A me il capolavoro non è piaciuto perchè è intriso in una pesantezza di lettura che ho trovato in pochi classici. Si fa fatica ad affezionarsi ai personaggi, pur con le vicissitudini che dovrebbero umanizzarli all'estremo, e a sopportare le continue descrizioni di qualsiasi cosa, dall'ambiente ad un oggetto particolare, neanche ci si trovasse dinnanzi ad un'enciclopedia culturale. L'ambiguità di questa tecnica che, sia ben chiaro, esula del tutto il dialetto lombardo e spesso incomprensibile dell'opera, che non può e non deve essere considerato come un limite, bensì come un valore aggiunto, è data da una continua focalizzazione sugli elementi che in un futuro prossimo sarebbero diventati inusuali all'interno di un'opera però che fa di tutto per rimanere fedele alle origini e alla contemporaneità del suo periodo di realizzazione.
Per quanto riguarda la trama, non c'è molto da dire su quest'ultima essendo essa caratterizzata da un intreccio tanto complesso quanto scontato, da un'accozzaglia di pesantissime invettive e tragedie adagiate su un'oceano di fondo che grida ad ogni pagina "scatenatemi, così il romanzo diventa bello e commovente!". Non ho riscontrato in tutta l'opera uno solo dei celebri fil rouge dell'epoca Manzoniana o Leopardiana, nè i pretesti tragicomici dell'arte greca o latina, le restituzioni letterarie di Pirandello o le morali più o meno esplicite di altri autori meno noti. Non ho trovato altro che un mattone pieno di discussioni, belle parole e un'accozzaglia di catastrofi per giustificare la forza di volontà dell'essere umano, peraltro integrata in personaggi poco sostenibili, e in maniera tanto banale quanto inconsistente.
Molti autori hanno fatto questo e tanto altro in opere ben più corte, e ci sono riusciti anche in formati diversi, basti pensare alla Storia di una Capinera.
Concludo la recensione, senza dilungarmi troppo per rispetto ad un capolavoro da me forse incompreso, come ho specificato nell'incipit di questo breve commento, aggiungendo che quantomeno, alla vigilia della nascita del '900, l'opera riesce ad essere pericolosamente attuale anche nell'immediato futuro, perdendo così forse un valore di unicità che le guerre umane hanno spazzato via.
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Commenti
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Che belle parole hai usato!
Bravissimo!
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