Dettagli Recensione
Un grande classico.
n una torrida domenica di luglio ero andato in libreria per cercare qualcosa da leggere di non troppo pesante, visto che già la temperatura infernale non era d'aiuto, quando, passeggiando per la libreria, vedo "Uno, nessuno e centomila" ad un euro, e decido così che i miei buoni propositi vadano a pesca. Lo prendo, e decido così di fare questo bel salto temporale, visto che passo da un linguaggio contemporaneo (l'ultimo libro letto era "È così che la perdi" di Junot Diaz) e tornare ad un linguaggio sicuramente più "ostico" come quello di inizio '800, ero però molto incuriosito da questo romanzo che avevo letto al liceo e di cui ricordavo poco e nulla, il prezzo (0,99) ha fatto il resto. "Uno, nessuno e centomila" racconta della storia di Vitangelo Moscarda, ricco uomo di provincia (aveva ereditato una banca dal padre) che all'improvviso, dopo che la moglie gli fa notare un piccolo difetto del suo naso, inizia a vedere il mondo in maniera diversa da come l'aveva vista fino a quel momento, cominciando a pensare che l'immagine che la gente ha di lui, non è quella che lui pensa che essi abbiano, e questa immagine cambia da persona a persona, cosicché non esiste più un solo Moscarda, ma questo è differente da persona a persona. Il protagonista inizierà così una battaglia verso tutte le persone che lo circondano per dimostrare questa tesi, finendo non solo per non essere capito, ma addirittura finendo rinchiuso in manicomio, soluzione che il protagonista alla fine accetta di buon grado essendo questa l'unica soluzione possibile per lui. Come saprete questo è uno degli ultimi romanzi dello scrittore siciliano, e forse quello che meglio esprime il concetto pirandelliano del relativismo. Già il titolo ci dice tutto: "uno", l'immagine che ognuno ha di se stesso, "centomila" l'immagine che tutte le persone intorno a noi hanno di noi, "nessuno", la scelta finale del protagonista, "meglio nessuno che centomila". È un romanzo non facile, ci sono lunghi monologhi e la scrittura non è scorrevolissima, ma il pensiero che c'è dietro è stupendo, Pirandello vuole dirci che la visione che noi abbiamo di noi stessi e quella che la gente ha di noi cambia da persona a persona e cambia continuamente, perché nulla è statico ma tutto è in continua evoluzione, così come lo è la vita. E la sua visione di se stesso è diversa da quella che ha la moglie di lui, o da quella che ha di lui il suo migliore amico. Fa di tutto per spiegarlo a chi gli sta intorno (anche con esperimenti bizzarri) ma alla fine riceve solo incomprensione e viene trattato da pazzo, arriva così alla estrema conclusione di farsi rinchiudere in manicomio, conclusione che accetta di buon grado essendo per lui l'unica soluzione possibile, in manicomio diventa infatti un signore nessuno, non viene etichettato e non ha nome, cosa che lui attribuisce a chi è vivo, chi invece è morto ha bisogno di nomi, come infatti avviene negli epitaffi. Un romanzo complesso ma allo stesso tempo unico, che ha un significato tanto profondo quanto attuale, un classico immancabile in ogni libreria.
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Molti non lo leggono perché troppo datato e ritengono lo stile un po' ostico...in effetti neanche io ho trovato scorrevolissima la lettura. Però è un gran libro, attuale allora, adesso e sicuramente anche fra cento anni!!!
Complimenti per la recensione!