Dettagli Recensione
Il diritto, il bisogno, il dovere di ricordare
Su una delle più immani e macabre tragedie non del '900 ma della Storia intera, quale è stata la Shoah, abbiamo un materiale vastissimo. Memorie, documenti, fotografie, campi di sterminio ormai musei e numerose rappresentazioni cinematografiche. Tuttavia ancora oggi vi sono individui che negano questa cruda realtà, questo atto scaturito dalla malvagità insita nella natura umana, non vogliono ricordare per non soffrire bensì per continuare a vivere con gaiezza e giocosità le superficialità che buona parte del mondo d'oggi ci propina. Ma non bisogna gettare l'indicibile inumanità commessa dalla Germania del Terzo Reich nell'abisso dell'oblio, poiché- purtroppo- essa non necessariamente rappresenta un caso isolato ma, se trova un terreno reso fertile da una continua azione di menefreghismo e indifferenza, attecchisce immediatamente, dando origine a sciagure ancor più nefaste. Proprio per questo bisogna vincere la nostra reticenza verso il cruento, il crudo per porre mattone dopo mattone una muraglia che permetti che mai più un pregiudizio, una intolleranza assumano una veste ideologica, dei dogmi, una teoria perché il risultato di tutto ciò sarà una spirale di male e dolore e infine il Lager. Questa è la volontà di Primo Levi ( e di tantissimi altri superstiti, studiosi, intellettuali) e del suo capolavoro, “Se questo è un uomo”, del quale abbiamo il dovere di rendere intramontabile e di trasmettere di generazione in generazione.
1943
Il giovane torinese laureato in chimica ed ebreo amante della montagna, Primo Levi, dopo 4 anni di segregazione dovuti alle leggi razziali fasciste, il 13 dicembre viene catturato per aver partecipato ad un tentativo di intervento partigiano e viene deportato al campo di Carpi- Fossoli.
1944
Il campo in provincia di Modena viene preso in gestione dai nazisti,i quali avviano tutti gli ebrei presenti (anziani, donne, uomini, bambini inclusi) su un convoglio ferroviario con destinazione Auschwitz, Polonia. Qui inizia la parabola discendente degni internati i quali-sin dal viaggio in un treno-merci che è più per animali che per uomini- presto dovranno subire lo spietato assalto nazista alla dignità umana e all'annesso progetto di disintegrazione di ogni forma di umanità. L'obiettivo: la morte dell'anima, dello spirito, molto più tremenda di quella del corpo, che rappresenta anzi la liberazione dalla non vita imposta. Levi sarà costretto a conoscere il fango, la sporcizia, la fame, la fatica e la legislazione inversa che domina il grigio campo di lavoro di Monowitz ( a circa 7 chilometri dal “centro amministrativo” di Auschwitz). Questo è un mondo al di qua del bene e del male, dove domina come legge “mangia il tuo pane, e, se puoi, quello del tuo vicinato”, diviso in sommersi- i “Muselmann” i quali dedicano tutte le loro forze al lavoro e alla sottomissione non avendo ancora imparato “la nostra arte di fare economia di tutto, di fiato, di movimenti, perfino di pensiero- e i salvati- i “Prominent” che usano l'astuzia, il furto, il contrabbando, il tradimento dei propri compagni per poter vivere un poco di più. In questa Torre di Babele si è privati del proprio nome (sostituito da un numero) , del tempo, della giustizia (in quanto domina la violenza, l'arbitrarietà e la corruzione delle SS), ma comunque bisogna perseverare perché, come dice l'ex sergente austro-ungarico Steinlauf, “il Lager è una grande macchina per ridurci a bestie, noi bestie non dobbiamo diventare; anche in questo in luogo si può sopravvivere, e perciò si deve voler sopravvivere, per raccontare, per portare testimonianza; e per vivere è importante sforzarci di salvare almeno lo scheletro, l'impalcatura, la forma della civiltà”. E tale immenso sforzo nell'inferno, nella casa dei due volte morti che è il Lager, per Levi non sarà sprecato, perché i Russi stanno per arrivare...
Con uno stile scarno, lineare, ma proprio nella sua semplicità incredibilmente evocativo, l'autore è riuscito a realizzare un resoconto oggettivo ed esplicativo di una orribile tragedia, arricchendolo con pagine toccanti ( come il canto di Ulisse, dove Levi tenta di insegnare l'italiano ad un suo compagno servendosi dei versi di Dante), dando vita ad un opera sublime, nonostante la crudezza delle pene narrate.
Proprio per questa maestria evocativa, questa capacità di giungere diritto al cuore, per questo raziocinio, rimasto comunque nell'anima dell'autore provata dalla “follia geometrica” del nazismo, consiglio ardentemente “Se questo è un uomo”, affinché tutto lo sforzo dei sopravvissuti non sia stato invano, affinché non si dimentichi mai cosa è stato commesso durante il Terzo Reich, affinché i testimoni di questa tragedia non siano più assaliti di notte dagli incubi in cui la loro storia non viene ascoltata o presa minimamente in questione, affinché non avvengano mai più bestializzazioni di siffatta maniera. Perciò “meditate che questo è stato:/ vi comando queste parole./ Scolpitele nel vostro cuore/ stando in casa andando via,/ coricandovi alzandovi;/ ripetetele ai vostri figli.”
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Bravissimo Alessandro,
Pia