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Il trionfo degli anti-eroi
Nella storia della letteratura questo romanzo ha segnato un autentico superamento narrativo, morale, psicologico, perché apre veramente la storia del romanzo moderno, ispirato alla psicanalisi di Freud. Quel che balza subito agli occhi del lettore è la tecnica del monologo interiore realizzata in una nuova resa espressiva attraverso l'identificazione del narratore con il protagonista: non è lo scrittore a narrare la vicenda di un personaggio, ma il personaggio stesso, Zeno Cosini, che si analizza e si confessa mettendo in equilibrato rapporto la sua autobiografia con l'analisi della sua coscienza e della sua subcoscienza.
La storia è abbastanza semplice anche se si percepisce dal principio la dissoluzione sistematica del personaggio; ma non per questo è un romanzo frammentario. È vero che manca di una trama unitaria ed organica: infatti esso è suddiviso in varie parti staccate tra loro senza che sia possibile rintracciare, se non altro, i tempi di un'autobiografia. Eppure è un romanzo unitario e compatto narrativamente, perché dalla prima all'ultima parola è un'introspezione fondata sulla consapevolezza delle ragioni vere della nostra esistenza, sulla vacuità del nostro entusiasmo, e cioè sulla costituzionale inettitudine umana in rapporto alla imprevedibilità dei casi umani.
Nel romanzo spicca la condanna della società umana che ha alienato l'uomo con la produzione tecnica e scientifica, con l'industializzazione e con le mistificazioni; in questo senso svevo è demistificatore degli inganni della società borghese d'inizio Novecento senza, però, giungere a conclusioni ed alternative sul piano storico-sociale.
È al contempo romanzo ironico perchè nella descrizione dell'uomo mediocre e malato che accetta la precarietà della vita, riesce a tollerarla con saggezza e così, appunto, trova nell'ironia l'unica sua salvezza possibile. Conoscere se stessi significa anche tollerare il prorio stato di umanità e di miseria e, quindi, evitare la grande catastrofe accettando la tolleranza.