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L'ineluttabile scorrere del tempo
Sarebbe difficile giudicare quest'opera senza tener conto del contesto storico da cui essa è stata originata. Un epoca a sè stante, a cavallo tra due secoli, in bilico sul sottile confine tra un passato ridotto a brandelli e un futuro quanto mai incerto, in subbuglio sotto il ribollire impetuoso dell'Italia Unita.
Un clima di apparente ottimismo, esito inevitabile degli ultimi fuochi romantici che hanno animato la neonata Italia nei primi anni. Strascichi di ideali che ben presto saranno obliterati dallo sconforto, dalla sfiducia.
Il Gattopardo, famosissimo romanzo di Tomasi di Lampedusa, accoglie in sé la contraddizione insita in tale periodo, riflettendo nella progressiva decadenza dell'aristocrazia siciliana, il progressivo spegnersi della vita, l'ineluttabile, ora sublime ora terribile scorrere del tempo.
In effetti, in più punti, la trama appena accennata, costituita da pochi fatti e innumerevoli monologhi, sembra giocare sul parallelismo tra questi due elementi.
Nella figura di Don Fabrizio Salina si realizza la crisi politica e esistenziale di un uomo preso alla sprovvista dall'incedere della clessidra della vita. Riprendendo un tema caro alla precedente letteratura europea, da Proust a Mann, il tempo è il cuore ipnotico di un mondo in pieno declino.
E' un testo che appena oltre la superficie del nostalgicamente onirico paesaggio siciliano, ammantato da un sole intenso ma tenue, forte ma delicato, sfrutta l'argomento storico non solo per una riflessione politica, arguta e condivisibile, e straordinariamente attuale, ma anche per trasformare gli occhi di un uomo che si avvia alla vecchiaia, in lenti che deformano la realtà nell'imperante pensiero della morte, memento mori!
Ed ecco che i paesaggi ricalcano nella delicatezza stilistica, l'avvento della fine definitiva, sfruttando un linguaggio quasi poetico in cui ricorrono incessantemente rimandi alla morte. La campagna è sterile, i frutti secchi, la popolazione sfiorita, i sorrisi ombre di una vita che sfugge fra le mani. Il tutto mentre l'eco risorgimentale si propaga nell'entroterra della Sicilia e, paradossalmente, il vento innovativo, sarà destinato ad un esito uguale, se non peggiore, alla situazione precedente.
Perchè, ed è qui che Il Gattopardo, la decadenza e il tempo trovano connubio perfetto, in Sicilia vige un clima di "metafisica sicilianità", un luogo in cui il tempo storico si annulla nella dimensione di una fierezza che sfocia nell'orgoglio, un sentimento di vanagloriosa stoltezza che rende i siciliani refrattari alla novità, fedeli a norme di comportamento mai poste in discussione.
Il tutto mentre nessuno faccia nulla per opporsi, come Don Fabrizio con lo sguardo verso il cielo, gravato dal peso del tempo, sconfitto dai granelli di sabbia del tempo che bruciano sulla pelle fino a rendere l'uomo un guscio il cui interno è evaporato. Eppure "finché c'è morte c'è speranza", almeno quella della tranquillità.
Leggere il Gattopardo è come camminare soli in un palazzo aristocratico in declino, mentre i passi rimbombano negli ambienti sfarzosi, vani tentativi di sopperire ad un potere ormai nullo, ultimo squallido simbolo di una forza inesistente. Aggirarsi tra le stanze di un palazzo, di un uomo svuotato dagli anni, mentre i rumori dall'esterno, il clamore degli avvenimenti storici arriva attutito, e noi, fedeli al nostro spirito, ci sediamo su una poltrona aspettando di arrivare alla fine, senza opporci, mentre ci sfilano davanti, senza aver possibilità di raggiungerli, rami di discendenti che hanno perso il ricordo della propria origine.
Un testo senza dubbio consigliato, stilisticamente ottimo, che cerca, non sempre riuscendoci, un equilibrio tra decadenza e morte, un'occasione per riflettere lontano da quel lieto fine che seppur mitigato predomina le opere precedenti. Il Gattopardo è forse uno degli antipodi del decadentismo, che ancora non riesce a svincolarsi dall'appendice romantica. (Preciso di non aver letto i Viceré, quindi non posso fare paragoni).
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Commenti
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@rakovic: Lo leggerò sicuramente, poi vedremo se il confronto farà cambiare qualcosa ;-)
marcella: Sempre gentilissima, i classici trasmettono molto e io scrivo parte di quelle sensazioni.... comunque ho notato chequando scrivo recensioni di classici mi riescono sempre meglio, chissà perchè, paradossalmente trovo più facile (ma più impegnativa) una recensione sui classici e più difficile una suun libro che ad esempio non mi è piaciuto ;-)
Complimenti,bravissimo:)
Anche io,come rakovic, ti consiglio di leggere i Viceré, ma non saprei dirti quale è il migliore. Il Gattopardo, secondo me, descrive in maniera rassegnata e romantica la fine dell'aristocrazia, ormai superflua, antiquata e inutile mentre nei Viceré, si ha un quadro molto più polemico e crudo dei vizi e dell'inutilità della nobiltà. Tuttavia, sono dell'opinione che queste due opere sono complementari e dopo averle lette, si ha un quadro completo di com'era l'aristocrazia ( ma anche il clero) a metà del XIX secolo.
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