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le pagine più alte della nostra letteratura
Premetto che nel fare una recensione dell’inferno di Dante mi sento come un bambino delle elementari che deve giudicare l’operato di un ingegnere nucleare, ma visto che si tratta di un’opera alla quale in passato ho dedicato moltissimo tempo, cercherò di dire la mia in proposito.
L’opera inizia con l’incontro tra il poeta e Virgilio. E’ stata nientemeno che la Madonna che, avendo visto che Dante ha smarrito “la diritta via” manda S. Lucia da Beatrice affinché soccorra il poeta. Questa ritiene che l’unica soluzione sia mostrargli i regni dell’oltretomba e quindi (non potendo scendere all’inferno) sollecita Virgilio che si trova nel limbo affinché guidi Dante (“i’ son Beatriche che ti faccio andare/ vegno dal loco ove tornar desìo/ amor mi mosse che mi fa parlare”).
Virgilio e Dante giungono alla porta dell’inferno. Ma come è strutturato? Ha la forma di un imbuto con la parte grande rivolta in alto e collocata proprio sotto alla città di Gerusalemme. Il crinale è diviso in nove gradoni concentrici per altrettanti “Cerchi”. Alcuni cerchi sono divisi a loro volta in “Gironi”.
Varcata la soglia della porta si trova l’antiinferno dove si trovano gli Ignavi “questo misero modo/ tegnon l’anime triste di coloro/ che visser sanza ‘nfamia e sanza lodo. Mischiate sono a quel cattivo coro/ de li angeli che non furon ribelli/ né fur fedeli a Dio/ ma per se fuoro”. Tra i peccatori spicca papa Celestino V “colui che fece per viltade il gran rifiuto”, un eremita che, eletto papa, rifiutò il papato tornando alla sua vita di isolamento. Di tutto ciò a Dante non poteva fregare di meno, ma il rifiuto di Celestino spianò la strada all’elezione di Bonifacio VIII, suo acerrimo nemico.
Traghettati da Caronte “un vecchio bianco per ANTICO pelo” ed attraversato il fiume Acheronte si giunge nel primo cerchio che ospita il Limbo (i non battezzati); dal secondo al quinto cerchio si trovano i peccati di incontinenza (lussuria, gola, avari-prodighi, iracondi-accidiosi) ordinati in ordine di gravità del peccato. Quindi il peccato meno grave in assoluto è la lussuria! Paolo (che non apre bocca) e Francesca (che parla sempre) si trovano sballottati nella “bufera infernal che mai non resta”, una pena tutto sommato lieve. Sono stati uccisi e sono all’inferno, ma sono loro i vincitori! Loro, gli amanti, staranno insieme tutta la vita (“questi, che mai da me non fia diviso/ la bocca mi basciò tutto tremante”), mentre al loro assassino andrà sicuramente peggio (“Caina attende chi a vita ci spense”) in quanto verrà scaraventato nel più profondo dell’inferno.
Il canto dei golosi (terzo cerchio) è il sesto canto dell’inferno e tutti i sesti canti delle tre cantiche sono canti politici: si parla di Firenze nel sesto dell’inferno, dell’Italia nel sesto del purgatorio (“Ahi serva Italia di dolore ostello/ nave sanza nocchiero in gran tempesta/ non donna di provincia ma bordello”) e dell’impero nel sesto del paradiso. Impressionante la capacità di sintesi di Dante che spesso con pochissime parole esprime concetti molto estesi e complessi: Ciacco (il goloso di turno) si rivolge a lui dicendo “riconoscimi se sai: / tu fosti prima ch’io disfatto fatto”. E’ incredibile questo verso: tu eri nato prima che io fossi disfatto, cioè mi hai conosciuto in carne ed ossa, quindi dovresti riconoscermi! Questa sintesi perfetta la ritroveremo nei suicidi (cerchio dei violenti) dove Pier delle Vigne che si uccide dopo essere stato accusato ingiustamente dice “ingiusto feci me contra me giusto”. Stupendo.
Il quarto cerchio (avari-prodighi) inizia con la celeberrima frase “pape Satàn, pape Satan aleppe!” sulla quale sono stati scritti fiumi d’inchiostro. Quel pape Satan potrebbe richiamare alla mente il papato, ma se scriviamo la frase in francese possiamo avere un “pas paix Satan, à l’épées” che significherebbe “non c’è pace Satana, prendiamo le spade!”. Boh!
Dopo l’Acheronte un’altra gita in barca: questa volta condotta dal diavolo Flegiàs che attraversando la palude della Stige (tra gli iracondi troviamo Cecco Angiolieri che insieme a Ciacco ritroveremo nel Decamerone del Boccaccio) porta i nostri alla città di Dite dove all’interno de fosse infuocate si trovano gli eretici. Qui il ghibellino Farinata degli Uberti predice a Dante il prossimo esilio. Da considerare il fatto che Dante ha avuto la fortuna di scrivere la divina commedia all’inizio del 1300, quando la chiesa era abbastanza tollerante; l’avesse fatto due secoli dopo lo avrebbero messo al rogo senza pensarci due volte.
Tornando alla traversata in barca è stupendo il passaggio “lo duca mio discese nella barca/ e poi mi fece entrare appresso lui; e sol quand’io fui dentro parve carca”. La barca non ha sentito il peso di Virgilio perché uno spirito non ha peso, mentre quando è salito Dante, ancora in vita, ha “pescato” più acqua in quanto appesantita!
Il settimo cerchio ospita i violenti ed è diviso in tre gironi: violenti contro il prossimo (immersi nel Flegetonte, un fiume di sangue infuocato), violenti contro se stessi (suicidi, trasformati in piante), violenti contro Dio (sotto una pioggia di fuoco). Questi ultimi sono a loro volta divisi in tre zone: violenti contro Dio nella parola (bestemmiatori), nella natura (sodomiti), nell’arte (usurai: non fanno nessun mestiere!). Tra i sodomiti è commuovente l’incontro con il maestro Brunetto Latini nei confronti del quale Dante esprime tutta la propria stima e lo ringrazia di averlo istruito. In quel “m’insegnavate come l’uom s’etterna” Dante è conscio della eternità della sua opera peccando in superbia: in seguito si ha il sentore che per se Dante preveda un posto tra i superbi nella prima cornice del Purgatorio.
Dopo aver cavalcato il mostro Gerione dalla faccia bellissima e dal corpo di Serpente i due giungono negli ultimi due cerchi che ospitano coloro che hanno commesso il peccato di frode: contro chi non si fida (fraudolenti, ottavo cerchio) e contro chi si fida (traditori, nono cerchio).
L’ottavo cerchio prende il nome di Malebolge ed ha la forma di un bersaglio con dieci zone concentriche separate da mura e collegate da ponti. Ospitano ruffiani, lusingatori (immersi nello sterco!), simoniaci (per lo più papi che predicono anche l’arrivo dell’arcinemico Bonifacio VIII ancora vivo al momento della scrittura della Divina commedia), barattieri (i nostri politici!), ipocriti, ladri, consiglieri fraudolenti (Ulisse!!), seminatori di discordie (Maometto) e falsari (alchimisti, falsari della moneta e bugiardi).
Finalmente siamo arrivati alla Ghiaccia del Cocito, una pianura ghiacciata nella quale sono immersi i traditori e che ha al centro Lucifero in persona. Il Cocito comprende la Caina (traditori dei parenti, tra cui Gianciotto Malatesta marito ed uccisore di Francesca e del fratello Paolo), l’Antenòra (traditori politici: Bocca degli Abati e il Conte Ugolino meriterebbero una recensione da soli!) la Tolomea (traditori dei commensali) e la Giudecca (traditori dei benefattori). Al centro Lucifero che ha tre teste con tre bocche e si sgranocchia Giuda, Bruto e Cassio.
Aggrappandosi ai peli di Lucifero che ha dimensioni colossali, Dante e Virgilio si calano verso l’uscita che si intravede in lontananza “e quindi uscimmo a riveder le stelle”.
Credo che Dante nella sua epoca avesse conoscenze letterarie, teologiche, geografiche, storiche, astronomiche inavvicinabili, e restano inavvicinabili anche per gli uomini del 2012. E’ incredibile la quantità di nozioni di ogni argomento che apprendiamo nel viaggio attraverso il mondo di Dante: una vera sinfonia con mille strumenti tra loro collegati in una trama avvincente, episodi di microstoria a lui contemporanea, le grandi battaglie di Montaperti, Colle val d’elsa, Campaldino, i tantissimi ritratti di persone: personaggi importanti e gente normalissima immersa nella vita di tutti i giorni del XIV secolo, nozioni di medicina, descrizioni geografiche minuziose.
Un’opera unica distrutta dalla scuola, ma da conoscere a fondo pur presupponendo delle basi letterarie discrete da parte del lettore. Bravo Signor Alighieri, dieci e lode!!!
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Ti ringrazio per i complimenti: a questo punto farò anche la recensione sulle altre due cantiche!
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