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La coscienza di Zeno
 
La coscienza di Zeno 2012-05-26 13:14:29 ChiaraC
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
ChiaraC Opinione inserita da ChiaraC    26 Mag, 2012
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Un uomo e il male di vivere

Ricordo di aver letto per la prima volta “La coscienza di Zeno” a diciott’anni,l’ultimo anno di liceo,in cui passare per autori come Italo Svevo è normale prassi.E ricordo ancora come,in quel periodo,passavo le giornate a combattere tra la tristezza delle delusioni amorose e il senso di incapacità davanti agli esami di stato.Mi sentivo un’inetta,un perfetto personaggio sveviano.

Forse è per questo che questo libro mi ha colpito.
Vi era qualcosa di tremendamente familiare nel personaggio di Zeno Cosini,un uomo che nel lungo flashback in cui ripercorre la sua vita si mostra così irrimediabilmente malato di inettitudine,così terribilmente fragile ed insicuro,e così straordinariamente vero.
Accademicamente parlando,potrei parlarvi di lui dicendo che Zeno,nato dalla penna di Italo Svevo,è un anti-eroe per eccellenza,un personaggio in cui lo stesso autore mise molto di se stesso,perché diciamoci la verità:nessuno di noi parlerebbe mai di un inetto a meno che non si sentisse lui stesso un inetto.E se ci si va a leggere la biografia dello stesso Svevo si ritrovano molti parallelismi tra la sua vita e quella dello stesso Zeno.Sono entrambi sfortunati,entrambi insicuri,entrambi sposati(per amore o per forza) a donne che si mostrano più solide di quanto non siano (io personalmente,negli atteggiamenti di augusta non ci vedo proprio niente di salutare).Svevo tenta di giustificare l’inettitudine che lui sentiva appartenente a se stesso creandosi l’alter-ego di Zeno Cosini,cercando di renderlo affascinante e complesso.E ci riesce.
Cogliendolo da un punto di vista più “umano” si potrebbe dire che Zeno è un inetto,ma più che inetto ha paura lui stesso di mostrarsi tale,è un personaggio che vorrebbe essere l’eroe di ogni situazione,forte e spavaldo,ma si ritrova ad essere così insicuro di sé da lasciarsi sopraffare da uno sbruffone-perché sbruffone è e sbruffone rimane-come Guido,che altra via non che suicidarsi nel tentativo di muovere a compassione Ada,per convincerla a salvarlo dai suoi problemi.Alla fine Zeno,un po’ per fortuna e destino,ed un po’ grazie alle sue capacità,si dimostrerà molto più capace degli altri personaggi del libro,rimanendo comunque confinato nella sua dimensione di uomo comune.Non ci sono grandi vittorie nella sua vita,ma umili soddisfazioni.Ma alla fine le sue vicende e le sue delusioni non sono molto diverse da quelle degli altri uomini,che sono inetti proprio come lui,ognuno o modo loro,ma sono solo più abili a nasconderlo. Forse al lettore non potrà piacere,perché lui non è un eroe.Non è neanche un uomo tutto d’un pezzo,ma diciamoci la verità:nessuno di noi è così fortunato da essere tutto intero.

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Una vita-I. Svevo
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