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"Efix rammenti, Efix rammenti?"
E' un romanzo di misteri arcaici e verità inconfessabili, denso di atmosfere che la scrittrice tratteggia usando le parole come un pittore i colori.
Quella raccontata dalla Deledda è la Sardegna più autentica, un paesaggio di rocce, ulivi e fichi d'India, tenebroso e a tratti mistico, popolato nelle notti di luna da spiriti, nani e piccole fate che suscitano paura e rispetto negli abitanti.
Ma lo sguardo sui personaggi è concreto e quasi impietoso, penetra nelle pieghe più riposte dell'animo e tocca corde comuni a tutti gli esseri umani, raccontando vicende di respiro universale.
La figura del servo Efix, indole inquieta e appassionata non meno delle sue padrone, nobildonne ridotte in miseria, acquista sempre più intensità nel corso della narrazione e finisce per rappresentare l'Uomo per antonomasia, con un cammino di gioie e dolori da percorrere, di errori da espiare.
Condividiamo i suoi tormenti, comprendiamo le sue colpe, proprio come le canne sopra il ciglione, non lontane dalla sua capanna, che mosse dal vento sembrano sussurrargli parole di saggezza:
“Chi si piega e chi si spezza, chi resiste oggi ma si piegherà domani e posdomani si spezzerà.
Efix rammenti, Efix rammenti?”.
E' il vento del destino, è la volontà divina, ed Efix vi si sottomette, senza però trovare la stessa rassegnazione negli occhi “cattivi pieni di lagrime” della padrona Noemi, intensa e tormentata figura di donna.
C'è un legame doloroso e sublime tra cielo e terra, ben rappresentato dalla statua del Redentore che domina il paesaggio nuorese dal monte Ortobene, ed è questo che il servo capirà tornando a casa dopo mesi di angoscioso vagabondare.
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Commenti
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bella recensione!!!
Comunque "Canne al vento" è migliore.
Ciao!
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