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Datato
Andrea Sperelli: un uomo che vuole fare della propria vita un'opera d'arte (sì, ma QUALE opera d'arte?); con l'arroganza di poter codificare qualsiasi cosa secondo i propri criteri (il "Bello": cos'è il "Bello"?). In una Roma depauperata delle sue innumerevoli sfaccettature perché piegata a far da cornice sontuosa e barocca della narrazione, si svolge la vita di un personaggio che, animato dalla costante tensione ad elevarsi dall'ordinarietà dell'uomo comune, alla fin fine, non fa nulla di straordinario. Più che di un'opera d'arte, la sua esistenza è la banale rappresentazione di un rapporto conflittuale con la società borghese. Sperelli ne disprezza i valori in nome di una propria presunta eccezionalità, per poi catalizzare, esasperare quegli stessi valori, come si evince dalla sua brama di possedere dei beni, dagli oggetti d'arte alle donne (ovviamente degradate ad oggetti da collezionare): cosa c'è di originale in questo? Cosa c'è di straordinario? Cosa c'è di antiborghese? Insomma, interessante nel romanzo è solo l'effetto paradossale di riaffermazione radicale dei dis-valori borghesi attraverso il tentativo di mostrarne (in senso etimologico) la "volgarità". Per comprendere appieno come il romanzo sia più banale e datato di quanto si strombazzato all'epoca, è sufficiente: 1) documentarsi sui romanzi a cui D'Annunzio ha attinto a piene mani sfiorando il plagio; 2) notare come l'autore non reinterpreti in modo personale e originale il dualismo che contrappone la donna pura, angelica, a quella sensuale, fatale; 3) leggere il ben più complesso, problematico e originale "Dorian Gray" di Wilde. In poche parole, Andrea Sperelli, pur racchiudendo la quintessenza della distorta idea di personalità eccezionale, straordinaria, che serpeggia tuttora nella quotidianità italiana, fa ormai quasi sorridere, perché non ha la "malattia" tipica dell'uomo moderno, di cui, tanto per fare un esempio, parlava nei suoi saggi Pirandello (autore che, invece, aveva compreso l'improponibile arroganza di chi, alle soglie del Novecento, era cieco di fronte all'agghiacciante ben più realistico avvento del relativismo culturale). Non per niente, D'Annunzio e Pirandello si contrapposero più volte. Datato e ormai muto lo Sperelli; Mattia Pascal (o Vitangelo Moscarda) e Dorian Gray continuano, invece, ad interrogarci e a farsi interrogare.
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