Dettagli Recensione
Un bagliore in mezzo alle tenebre
"Meditate che questo è stato. Vi comando queste parole".
Quello di Primo Levi è uno fra i libri sui campi di sterminio che ogni tanto mi capita di riprendere, perché in qualche modo fa più bene che male e, mentre racconta il buio della ragione, inaspettatamente illumina.
Può capitare all'inizio di un capitolo, alla fine, o nel bel mezzo della narrazione, di leggere una riflessione brillante, o una frase che emoziona, e si ha la sensazione confortante di scorgere un bagliore in mezzo alle tenebre. Allora capisci che essere uomini significa soprattutto questo: riuscire a tirare fuori la luce dall'inferno.
Lo sguardo di Levi si posa su prigionieri e aguzzini con una forza descrittiva e un'acutezza psicologica che si incontrano solo nei grandi scrittori. Per questo il libro è molto più che crudo resoconto di orrore e morte: non c'è speranza, almeno non per chi scrive, ma c'è l'analisi lucida di un'umanità che si muove in un contesto dove ogni regola è scardinata e si lotta solo per la sopravvivenza.
Nelle parole dello scrittore risplende la forza dell'intelletto, che non condanna e non assolve, ma rende magistrale testimonianza "di quanto, ad Auschwitz, è bastato animo all'uomo di fare dell'uomo".
Indicazioni utili
Commenti
8 risultati - visualizzati 1 - 8 |
Ordina
|
8 risultati - visualizzati 1 - 8 |