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L'esagerazione di Verga
"Non è la nausea, la stanchezza, la sazietà ciò che qui produce la catastrofe: è la pienezza, è la forza che non può esercitarsi sul di fuori, e si scioglie, si disorganizza da se stessa con cieco furore". (Luigi Capuana)
Leggendo "Storia di una capinera" non si trova quel Verga esponente del Verismo, bensì ci si imbatte in un opera di palese ispirazione romantica, in cui però si evidenziano gli elementi che caratterizzeranno l'autore siciliano nei suoi romanzi e racconti futuri. La compassione per i deboli, ma nello stesso tempo la triste certezza di una situazione immutabile nel suo pessimismo, caratterizzano il bereve romanzo epistolare in cui la storia si snoda tra pagine intense e profonde. Pagine dominate dall'esagerazione, da un eccesso drammatico dal quale stracolma una disperazione sempre più accentuata; un climax doloroso, che trasforma l'amena situazione iniziale, in un disperato parossismo conclusivo. Storia di una capinera è la storia di Maria, un'educanda che, dopo essere uscita dal convento per sfuggire al colera, conosce le felicità della vita. Ma è una fuga apparente, coercizzata dalla mentalità arcaica di una classe sociale ancorata al passato. Maria è costretta a tornare in convento e si strugge d'amore consumandosi in maniera direttamente proporzionale all'aumentare del suo ardore. Ed ecco che Verga capovolge e disgrega la situazione iniziale, costruita, a ben vedere, su un'originaria negazione della vita e di conseguenza destinata all'esclusione. Il romazo coinvolge, attira nel suo vortice di eccesso e tragico, spinge il lettore ad identificarsi con la protagonista, a riconoscere un'enfasi che non può essere ricondotta a mera fantasia dell'autore. Pertanto ( e inevitabilmente) si è spinti a scorgere tra le righe un'esperienza autobiografica, capace di intrappolare ed ispirare lo stesso Verga. Il romanzo è la testimonianza di un amore cieco e di un furore interno che come dice Capuana "si disorganizza in se stesso", la prova di come una limitazione sconvolga l'animo e spinga gli uomini alla follia. Nello stesso tempo però Verga ci dimostra come spesso non siamo in grado si ribellarci ed abbattere le consuetudini. Certo, qui,tale situazione, è portata all'estremo, alla teatralità, ad una poetica dell'ecceso tipicamente romantica. Ma questo delirio non è raccontato per il puro piacere di esagerare. No, è un delirio che s'identifica in un pessimismo iperbolico.
Consigliato.
"Oh! Marianna! come questa parola [Dio] mi atterrisce!deliro, tu lo vedi... sono fuori di me... non so che cosa abbia... sarà la febbre... saranno i nervi... sarò matta..." (Giovanni Verga, "Storia di una capinera", dalla lettera del 5 Luglio)
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