Dettagli Recensione
Commento
Recensire un libro del genere è imbarazzante perché mettersi a commentare e/o “giudicare” una simile opera, anche se logicamente più che positivamente, è quasi peccato comunque visto che è un libro che dovrebbe stare in tutte le biblioteche, pubbliche e private, in tutte le scuole, che tutti dovrebbero leggere.
Primo Levi viene imprigionato ad Auschwitz nel '44 e per una serie di circostanze, per fortuna, per capacità e istinto di sopravvivenza è tra i pochi che possono raccontare l'esperienza. Secondo me sopravvive perché il destino, il fato, il cielo, chiamiamolo come ci pare, aveva deciso che lui doveva far sapere all'umanità, in questo e altri libri, cosa è stato in grado di partorire la mente umana, a quale grado di barbaria e mostruisità è arrivato il genere umano con Hitler e, come titola un altro libro, con “I volenterosi carnefici di Hitler”.
Il libro è un diario, a memoria, scritto dopo, ma una memoria fresca, vivida, come può essere di cose, di fatti, che ti segnano per sempre, che gni giorno, ogni notte, presumo, Levi ha rivissuto per tutta la vita fino a quando, forse proprio per non riviverle e soprattutto per non vedere più la tendenza a dimenticarle o a non crederle da parte di altri, si è suicidato.
E' una prosa semplice, pacata, praticamente senza astio e odio per i suoi carnefici e proprio per questo straordinariamente efficace e sconvolgente nonché anche apprezzabilissima dal punto di vista narrativo. Il racconto di come fu estirpata, sottratta, da ogni uomo la dignità e da come furono umiliati, degradati, offesi, ridotti a meno che animali o cose, uccisi psicologicamente, prima ancora che materialmente, milioni di uomini, scientificamente, con metodo e lucida organizzazione.
“Voi che vivete sicuri, nelle vostre tiepide case. Voi che trovate, tornando a sera, il cibo caldo e visi amici: considerate se questo è un uomo, che lavora nel fango, che non conosce pace, che lotta per mezzo pane, che muore per un sì o per un no. Considerate se questa è una donna, senza capelli e senza nome. Senza più forza di ricordare, vuoti gli occhi e freddo il grembo, come una rana d'inverno. Meditate che questo è stato: vi comando queste parole, scolpitele nel vostro cuore, stando in casa, andando per via, coricandovi, alzandovi; ripetetele ai vostri figli. O vi si sfaccia la casa, la malattia vi impedisca, i vostri nati torcano il viso da voi.”