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Un uomo in fuga da se stesso
E'uno di quei classici che ho letto ai tempi del liceo e l'ho trovato piacevolissimo, per nulla ostico.
Da un punto di vista critico-letterario, la storia si inserisce in un filone individuabile in opere come "La coscienza di Zeno" di Svevo o "L'étranger" di Camus, che ci pongono dinanzi a un protagonista maschile privo di particolari qualità,piuttosto mediocre e lontano dalla dicitura di "eroe".
E' un uomo come tanti, non particolarmente bello, non particolarmente brillante, che si ritrova in un matrimonio poco felice, con una moglie e una suocera decisamente pesanti.
Quando gli si para davanti l'occasione di evadere dal deludente ménage familiare, il protagonista si dà per morto e modifica radicalmente il proprio aspetto fisico per poter passare inosservato.
La sua fuga lo porterà a vivere esperienze rocambolesche, spesso divertenti, e a venire a contatto con gente di ogni tipo, anche bizzarra, come il proprietario della pensione dove alloggerà per un po', il vecchio Paleari.
Nell'evolversi della storia, ci si rende conto di come la ricerca della libertà da parte del protagonista si riveli effimera e illusoria, e di come, per quanto ci si possa lasciare alle spalle persone e luoghi, non si riesce mai a fuggire da se stessi.
Consiglio caldamente la lettura a chi conosce già Pirandello e anche a chi vuole avere un primo approccio con l'autore.
Penso che la modernità della storia sia evidente, perché da sempre l'uomo ha desiderato di poter vivere tante esistenze, di poter uscire almeno per un po' dal personaggio che recita da tempo e da un costume che inizia a diventare logoro e stretto.
L'anelito alla libertà, all'emancipazione dai ruoli che la società impone è un tema sempreverde, che trascende i limiti di epoca e costume.
E' un romanzo che risente anche dell'amore di Pirandello per il teatro, e l'accostamento teatro-vita è più che mai presente in una delle scene più belle, il discorso del vecchio Paleari al protagonista.
Da leggere.