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Due uomini buoni
 
Due uomini buoni 2024-04-22 16:52:12 FrancoAntonio
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FrancoAntonio Opinione inserita da FrancoAntonio    22 Aprile, 2024
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Due accademici alla ricerca dell’Illuminismo

Presso la Real Academia Española a Madrid è presente una copia della prima edizione integrale dell’Encycopedie curata da Diderot e D’Alembert. L’Autore-narratore, accademico di questa prestigiosa istituzione, ne resta affascinato e, incuriosito, si comincia a domandare come, un’opera così rara e preziosa, sia potuta arrivare sin lì, soprattutto se, come gli confermano i colleghi, è certamente giunta alla fine del XVIII secolo quando, oltre a essere formalmente proibita in Francia, era posta all’indice pure dalla Santa inquisizione spagnola che mai avrebbe consentito l’importazione della monumentale trattazione, ritenuta eretica e offensiva della fede.
Per l’A. inizia, così, una appassionante ricerca tra gli atti e i verbali dell’Academia e nei documenti che relazionano sulla storia di quell’ultimo quarto di secolo che, di lì a poco, sconvolgerà il mondo con la rivoluzione in Francia.
Quindi, sulla scia di quanto rinvenuto, ci narra le avventure degli accademici Don Hermógenes Molina, bibliotecario dell’Academia, e don Pedro Zárate, brigadiere in pensione della Marina Reale, ma chiamato ammiraglio dai colleghi. I due verranno incaricati dal direttore Francisco de Paula Vega de Sella, marchese di Oxinaga, di recarsi a Parigi per acquistare e portare a Madrid i preziosi volumi che arricchiranno la collezione della biblioteca e aiuteranno gli accademici nella revisione del loro monumentale Diccionario Catalan.
L’impresa non si rivelerà per nulla facile, un po’ per la rarità dell’enciclopedia — i ventotto volumi della prima edizione, l’unica attendibile come contenuti, furono stampati in poco più di 4000 esemplari, la maggior parte dei quali venduti all’esterno della Francia, stante la contrarietà religiosa alla sua diffusione, e quelle poche edizioni ancora disponibili raggiunsero presto costi stellari — un po’ perché due loro colleghi accademici, Manuel Higueruela e Justo Sánchez Terrón, di contrapposte posizioni ideologiche, ma entrambi fermamente contrari all’acquisizione dell’opera, si accorderanno segretamente con un sordido individuo, perché faccia di tutto per ostacolarli.

Con questo suo romanzo del 2015 Pérez-Reverte tenta un interessante esperimento con il quale, attraverso le righe di ciò che, ufficialmente, dovrebbe essere “solo” un romanzo storico, cerca di riproporre e veicolare le idee e i principi che hanno ispirato la filosofia illuminista e hanno fatto grande quel movimento di pensiero trasformandolo nel motore che ha radicalmente mutato la cultura occidentale.
In effetti, ciò che evidentemente interessa di più l’A. non sono tanto e solo le avventure dei due accademici attraverso una Spagna e una Francia turbolente e perniciose, quanto l’enunciazione dei fondamenti portanti dell’epoca dei lumi e il dibattito che ne seguì, a sostegno o in opposizione a quelle tesi. A dar voce e difendere, nelle diverse graduazioni, i principi dell’illuminismo scenderanno in campo, con lunghi e argomentati dibattiti, i due “uomini buoni”: don Hermógenes, pacato e pio studioso che, pur affascinato dalle nuove tesi, si fa scrupolo di non abbandonare la sua pietas religiosa e il devoto rispetto dei principi del cristianesimo; più apertamente riformatore e cinicamente scettico nei confronti delle tesi moderate del compagno è l’ammiraglio don Pedro, agnostico e pessimista di natura. Si unirà a loro nelle dispute verbali l’abate (di nome, ma non di fatto) Salas Bringas Ponzano, il Virgilio che li guiderà per Parigi e li assisterà nella difficile ricerca dell’Encycopedie. L’uomo manifesterà posizioni accesamente rivoluzionarie; un deciso, sanguinario giacobino ante litteram, al punto che l’A. gli farà fare la medesima fine dell’avvocato di Arras. I suoi pensieri, non più moderati di quelli che esporrà a gran voce Robespierre nel Comitato di salute pubblica durante il Terrore, scandalizzeranno e stupiranno i due accademici, ma si riveleranno profetici.
Nella narrazione non manca neppure spazio per l’esposizione delle tesi opposte, da quelle più radicalmente conservatrici e intransigentemente bigotte del giornalista baciapile Higueruela a quelle di Sánchez Terrón, illuminista radicale, ma favorevole solo a una elitaria ed esclusiva diffusione della filosofia innovatrice che non consegni quel “materiale infiammabile in mani poco adatte”.
Al temine della lettura resta il sospetto che il libro sia una sorta di testamento spirituale dell’A. e un modo per affermare a gran voce che, anche oggi, quei principi vadano difesi, anzi attuati per evitare di ricadere nel dogmatismo e nella soggezione a un mondo che l’A. non ha mai nascosto di ritenere ignorante e brutale; un mondo che ha tradito gli ideali dell’Illuminismo.
Ne discende che le pagine più curate e attentamente elaborate sono proprio quelle nelle quali i protagonisti si confrontano su quegli argomenti filosofici e dibattono su temi quali religione contro laicità; ragione e progresso contro tradizione e ossequio dei dogmi cattolici; libertà o tirannia; prevalenza della scienza o del precetto divino; eguaglianza tra gli uomini e indipendenza di pensiero, o subordinazione a una guida superiore, sia essa divina che di un saggio sovrano. Nessuna delle posizioni dell’epoca verrà taciuta, tutte elaborate e contestate.
Purtroppo, l’aver preferito una narrazione che predilige il ragionamento all’azione (che non manca, ma è assai diluita tra i capitoli) rende un po’ lenta e faticosa la lettura. L’aver giocato soprattutto sui lunghi dialoghi pro e contro le varie tesi appesantisce lo scritto. Chi è abituato alla prosa di Pérez-Reverte, fluida, emozionante e coinvolgente, resterà, forse, parzialmente deluso. Infatti gli argomenti, senza dubbio importanti e su cui riflettere, spesso sono dibattuti in modo troppo “accademico” e l’attenzione tende a scivolare via.
Segnalo che alla narrazione principale è abilmente intrecciata pure una sorta di relazione autobiografica i cui intermezzi servono all’A. a raccontarci il come e il perché delle sue ricerche storiche e l’impegno profuso per ricreare con fedeltà e accuratezza le ambientazioni, i personaggi e le situazioni, studiando trattati e documenti storici, compulsando antiche mappe, ripercorrendo le stesse strade di quel viaggio avventuroso e parlando con esperti per approfondire le specifiche materie. In pratica nel libro è inserita una sorta di manuale su come comporre un romanzo storico con proprietà e accuratezza documentale. Queste parentesi, se, da un lato, rallentano e spezzettano ulteriormente il racconto sulle avventure degli accademici, dall’altro appaiono stimolanti nell’illustrare cosa sia, per davvero, il difficile mestiere dell’autore letterario.

In conclusione un bel libro, pieno di concetti importanti e di descrizioni avvincenti, ma non sempre piacevolissimo e di lettura scorrevole e agevole. Comunque, da leggere per ricordarci chi siamo o, almeno, chi dovremmo essere per non rinnegare coloro che hanno fatto evolvere la nostra civiltà.

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