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Il mistero degli Inca
 
Il mistero degli Inca 2019-07-11 08:55:35 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    11 Luglio, 2019
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VXA-01

Sud America, gennaio 1525. Un colpo tremendo capace di far perdere l’equilibrio, ma non anche di scalfire la pesante armatura, è quello che colpisce al petto Diego Alvarado. Francisco Pizarro, un uomo fatto della stessa pasta del primo soldato spagnolo ma di cui quest’ultimo non riesce a fidarsi, lo accompagna nella missione. Una spedizione la cui riuscita è sempre più ardua non solo a causa del nemico ma anche della malattia, del vaiolo. Una patologia dai minuscoli agenti patogeni (responsabili anche del morbillo) che si è propagata con ogni respiro, ogni schizzo di sangue e saliva tra gli indigeni del Nuovo Mondo che non vi erano mai stati esposti. Non hanno difese, questi, contro quel nemico invisibile. E così, nel giro di una settimana la maggior parte dei guerrieri che avevano partecipato all’attacco contro gli spagnoli infetti si sarebbero ammalati, nel giro di un mese sarebbe stato colpito l’intero villaggio, nell’arco di un anno decine e decine di insediamenti sarebbero stati contagiati ed entro dieci anni l’intera regione sarebbe stata piegata dall’epidemia. Senza alcun controllo, il vaiolo avrebbe cioè decimato l’impero Inca spianando la strada ai colonizzatori invasori.
I nostri giorni. Sette giorni, sette giorni per perlustrare tutto quell’oceano e trovare un ago in un pagliaio. Sette giorni per trovare e neutralizzare una bomba ad orologeria che avrebbe potuto scuotere le stesse fondamenta terrestri.
Di tutti gli uomini della NUMA, Gunn è sempre stato quello più enigmatico. Prossimo alla cinquantina non ha mai perso la passione e l’amore per la precisione, il suo carattere è sempre stato impetuoso ma riservato, spiritoso e divertente senza però mai abbassare la guardia. La sua mente è sempre stata perennemente vigile, riflessiva ma attenta e pronta a venire a capo di ogni situazione, di ogni più complessa circostanza. La sua visita, e questo Kurt Austin, ex agente della CIA e adesso capo della squadra progetti speciali della NUMA, subacqueo di prim’ordine ed esperto in operazioni di recupero, lo sa bene, non è certo un caso e tantomeno è un incontro di piacere. Se il vicedirettore si è mosso sino alle Hawaii per cercarlo, qualcosa di davvero grave deve essere accaduto. È sufficiente un breve colloquio per capire che è così, che Kurt non si è sbagliato: il veicolo chiamato Nighthawk, denominazione ufficiale VXA-01 e grande il doppio del suo prototipo, l’X-37B che altro non era che un banco di prova per sviluppare tecnologie all’avanguardia, è scomparso in un’area del Pacifico lontana da tutto, ipoteticamente nelle Galàpagos, e indicativamente posizionata a quattromilacinquecento miglia da Pearl Harbor e a duemila novecento da San Diego. Dal momento della perdita delle sue tracce e del supposto ammaraggio, i servizi di intelligence europei e nello specifico russi e cinesi si sono mossi; si contano ben trenta navi di tre paesi diversi in movimento a cui si sommano una decina di veicoli aerei. Tutti militari. Ma cosa si cela dietro a tutto questo interesse per il Nighthawk? Che dipenda soltanto dal fatto che è il veicolo più avanzato che sia mai esistito? Che dipenda dal fatto che sia stato costruito con materiali e tecnologie di due generazioni più avanti rispetto a quelle delle agenzie russe, cinesi ed europee? Che dipenda dal fatto che è un veicolo capace di manovrare in orbita, di agire autonomamente e di portare a compimento missioni mai neppure ipotizzate per uno shuttle pur non possedendo la propulsione a ioni la cui assenza, comunque, non va ad inficiare sul fatto che il suddetto mezzo è capace di ridurre della metà i viaggi Terra-Luna nonché il tempo di percorrenza verso Marte? O forse il motivo di cotanto interesse è determinato da un carico di materiale rarissimo estratto dalla parte superiore dell’atmosfera e conservato a una temperatura prossima allo zero assoluto e che sino a che si mantiene in detta condizione resta inerte per dimostrarsi, in caso di scongelamento, un pericolo tale da poter scatenare una catastrofe di proporzioni inimmaginabili?
Clive Cussler e Graham Brown propongono con “Il mistero degli Inca” un romanzo d’avventura in piena regola, con qualche tratto fantascientifico che ben si mixa con il dato storico. Le ambientazioni variano e si spostano dalle Isole Galapagos, alle giunge del Sudamerica, alle Ande, passando per la Cina e la Russia e alternando le vicende del presente con quelle di un passato che ha segnato la storia dell’umanità. Lo stile narrativo è fluido e accattivante e ben si amalgama a una trama ben orchestrata e leggera. L’opera si presta ad uno scorrimento rapido e ricco di colpi di scena, con protagonisti solidi e concreti e con vicende che sanno catturare l’attenzione. Non spicca particolarmente per contenuti e tematiche affrontate ma certamente si dimostra essere un’ottima lettura da spiaggia nonché un elaborato adatto a chi ama il genere dell’avventura e a chi cerca un qualcosa di non impegnativo ma che sappia tenerlo con il fiato sospeso. Diversamente, potrebbe risultare inadeguato o non soddisfare le esigenze del lettore.
In conclusione, una buona prova, non eccelsa e indimenticabile ma piacevole.

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