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Il misterioso messaggio..
Harold Barnaby, quarantun anni, professore associato di archeologia di Chicago, per la prima volta nella sua vita, si trovava a contemplare la disonestà, una disonestà determinata dall’aver scoperto, da un breve brano apparentemente innocuo che stava traducendo da un papiro, un messaggio segreto. In quest’ultimo la confessione di un funzionario che aveva edificato il luogo di sepoltura di un non precisato faraone della XIX dinastia, che si era altresì assicurato di uccidere personalmente tutti coloro che avevano preso parte ai lavori, compreso il proprio genero, e che in ultimo non aveva resistito dal destinare l’impresa ai posteri attraverso un messaggio criptato con grande maestria. Come resistere alla sete di avventura determinata dall’essere lo scopritore unico di una tomba ancora sconosciuta? Come resistere alla tentazione, dunque, di mettere le mani su un tesoro inestimabile? E’ impossibile per lo studioso. Ma qual è la giusta strategia da adottare per riuscire in questa ardua impresa?
E’ qui che entra in gioco la figura di Robert Pierce, giornalista inviato in Egitto per intervistare l’ingegnere della ditta di costruzioni italiana che si era occupata di spostare il tempio di Abu Simbel, che attraverso le sue conoscenze ed i suoi agganci, idea e rende palpabile il sogno nonché il piano. Non solo. Coinvolgendo altri personaggi e recependo i fondi necessari, darà vita ad una squadra che, attraverso il canale ufficiale di una serie di scavi poco interessanti ma non troppo banali, sarà la protagonista indiscussa dell’ultima opera di Crichton. Non mancano, oltretutto, la figura femminile di grande fascino, un contrabbandiere, un ladro internazionale, un ricco finanziatore e tutta una serie di complicazioni atte a rendere la trama sempre attiva. Il tutto sullo sfondo dell’Egitto e delle sue imponenti piramidi, il tutto sullo sfondo di quella piramide di Cheope da cui tutto è visibile; dal Cairo e la sua posizione sulla punta del delta del Nilo, alle necropoli di Saqqara e Dahshur con le loro piramidi, alle piccole piramidi di Giza, luoghi di sepoltura di Chefren e Micerino.
Come appare di tutta evidenza, l’ultimo romanzo dello scrittore statunitense non brilla certo per originalità suscitando, inevitabilmente, nel lettore, la trama, un senso di deja-vu, di argomento trito e ritrito. Sin dalle prime battute questa sensazione è percepibile con mano tanto che a più riprese chi legge si chiede quando (e se) elementi differenzianti saranno introdotti. Innovazioni, che, di fatto, sono scarsamente rintracciabili nel testo.
In naturale contrapposizione con questa tematica sentita e risentita vi è uno stile narrativo rapido, non particolarmente erudito ma perfettamente in grado, grazie all’introduzione di un ritmo serrato, di guidare l’avventuriero conoscitore tra le molteplici trame intessute dal narratore. Non solo, ulteriore nota che può lasciare perplesso quest’ultimo, è l’eccessiva surrealità di alcuni passaggi: per quanto le vicende si protraggano e siano ben orchestrate, talvolta, l’autore esagera facendo sì che il suo composto passi da un qualcosa di tangibile ed immaginabile ad un qualcosa di troppo inconcreto per poter essere pienamente apprezzato.
Pertanto, anche se il volume si ultima in poco più di una giornata, grazie ad un linguaggio agile e diretto, il contenuto non conquista totalmente, convince soltanto in parte. Da ciò la inevitabile relegazione dello stesso alla tipica lettura estiva.
In conclusione, “La vendetta del deserto” è un libro adatto a chi cerca un qualcosa di poco impegnativo con cui distrarsi qualche ora, ma nulla più.
Indicazioni utili
- sì
- no
no = a chi al contrario predilige testi di sostanza.
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