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Il segno dello scrittore
Il romanzo di Cooper non delude le aspettative, è avvolgente, prima ancora che coinvolgente e questa è la sua caratteristica più incentivante.
In un mondo in cui tutti scrivono, ci sono ancora scrittori, Cooper è uno di questi. I personaggi, tutti quanti: Cal Donovan, Lambret, Giovanni, perfino Himmler (che Cooper osa rievocare narrativamente) sono convincenti, ben tratteggiati e accattivanti, nel bene e nel male.
La trama, che ogni tanto suggestiona con le atmosfere anni trenta e poi viaggia in diverse epoche in flashback ottimamente costruiti, per tornare sempre all'oggi protagonista spazio temporale della storia, è costruita con lo scalpello di uno scultore.
Niente è lasciato al caso, tutti i nodi tornano al pettine e la soddisfazione leggendo è proprio quella di ritrovare riannodati tutti i fili.
Il ritmo un po' lento nella fondazione, si slancia nello sviluppo e schizza nello scioglimento, diventando adrenalinico.
È un romanzo scritto da manuale. Perfino i cliché, come l'investigatore americano affascinante e donnaiolo o il neonazista torturatore e cattivone, risultano accattivanti e avvincenti, perché lo scrittore, consapevolmente, li utilizza certo di suscitare sentimenti ed emozioni già note.
Non ci sono le solite scene di erotismo esplicito, anche in questo Cooper rischia, rispetto alla narrativa oggi in piazza, e lo fa con stile eccellente, lasciando sentimenti, desideri, passioni in sospeso, alimentando così la tensione emotiva della lettura e dimostrando che si può "vendere" anche senza svendere il mestiere di scrittore.
Nonostante questo, ci sono delle fragilità:
- i dialoghi, sebbene realistici, sono macchiati dal ripetersi di espressioni reiterate e fastidiose come i continui "be'" gli "un po'" e le forme tipiche del colloquiale americano, perfette per il protagonista Cal Donovan, un po' meno se a pronunciarle sono Himmler o i cardinali italiani;
- le relative spuntano come funghi, (forse un problema legato alla traduzione) ma ci sono passaggi in cui si contano anche cinque "che" di fila e questo rende la prosa saltellante e poco fluida;
- il co-protagonista Cal Donovan, esperto di miti e religioni, ne sa perfino più degli italiani su certe faccende di storia e religione, come per esempio quando fa una lezione di storia a una giovane docente italiana sull'eresia catara. Perdonabile, ma poco credibile;
Al di là di queste piccolezze di stile, la pecca più grande, secondo me, è il finale segnato da troppi colpi di scena. Cooper da' ritmo e sa farlo molto bene, ma infila 4/5 colpi di scena in poche pagine. Alla fine chi legge rischia di non capire nemmeno cosa stia succedendo, soffocato dagli accadimenti e questo è un peccato.
Un ultimo pensiero va al "papa nascosto" mi riferisco a papa Francesco, celato dietro il nome di Celestino. Cooper lo fa per rispetto o per timore? Dettaglio curioso in un libro tutto da leggere.