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Quando il titolo è profezia...
Michael Cricton, in arte John Lange, scrive questo "racconto" (al limite della fantascienza) durante il periodo dell'Università e, messo dapprima in un cassetto e ripreso solo recentemente, ben quarant'anni dopo la prima stesura, ne riscrive il primo e l'ultimo capitolo per poi decidere di pubblicarlo.
Ambientato nell'assolata Spagna, almeno per la gran parte del libro, narra la storia del giovanissimo medico radiologo Peter Ross, il quale, presosi una vacanza dallo stressante impiego in Ospedale negli U.S.A., incrocia lo sguardo di un'affascinante straniera. Le donne sono sempre state il suo punto debole, ma questa volta cedere a quella che inizialmente sembra soltanto una richiesta stravagante rischia di essere il più grande errore della sua vita.
In poche ore Peter si trova catapultato dal caldo assolato della spiaggia al freddo gelido di una sala per autopsie, minacciato da tre uomini. Peter non è abilitato a effettuare un'autopsia, sa a malapena da dove cominciare. Ma a loro non importa: vogliono solo che lui nasconda qualcosa all'interno di un cadavere. Qualcosa di prezioso. Qualcosa per cui sono disposti a uccidere. E non sono gli unici. Appena terminata l'operazione, Peter si trova al centro di una spietata resa dei conti tra bande rivali perché quell'oggetto permette di evocare un potere antico e terribile, qualcosa che può cambiare per sempre i destini del mondo.
La trama, decisamente scadente e niente affatto realistica, si avvicenda troppo velocemente, con capitoli molto brevi e tutti decisivi, accompagnando il lettore in maniera rapidissima alla conclusione senza nemmeno rendersene conto. Passaggi non sviluppati e non sviscerati, dialoghi brevissimi e descrizioni insufficienti.
Insomma non consiglierei mai la lettura di questo racconto, scritto con linguaggio al limite dell'età scolare e con un personaggio protagonista che fa di tutto per spiccare in ironia cadendo decisamente nel ridicolo.
Lo scrittore dice di questa sua fatica letteraria: «Non mi tormentavo per capire se quello che scrivevo esprimesse o meno me stesso, o una forma d'arte. Scrivevo e basta: di getto, sotto pseudonimo, a velocità folle.»...a mio modestissimo parere la "velocità folle" ha partorito soltanto un romanzo incompleto e sicuramente non credibile.
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Commenti
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Forse, conoscendo Crichton, l'idea potrebbe averlo anche ispirato, ma s'è fermato assai prima, altrimenti il libro sarebbe diventato di 600 pagine!
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Bel commento comunque :D