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Il ritorno di Wilbur Smith all'Antico Egitto
Confesso che Wilbur Smith, nella veste di narratore dei miti e della storia dell’Antico Egitto, non mi ha mai entusiasmato : forse perché ho viaggiato molto in Egitto, ne conosco la gente ed il passato, traendone una visione più aderente alla realtà storica. Wilbur Smith ama drammatizzare (banalizzandolo) qualsiasi evento, rievocando figure ( vedi il già celebrato Taita, multivalente consigliere del Faraone) che appaiono più aderenti alla mitizzazione di un’epoca che ad una reale storicizzazione del passato. Preferisco lo Smith delle avventure africane, più sanguigno, più partecipe e forse anche più fluido e convinto nella struttura narrativa dei romanzi. Comunque Taita resta un personaggio avvincente : amante spirituale della regina Lostris, assistita amorevolmente sino all’ultimo respiro, ha il compito di occuparsi come tutore delle due figlie, belle e vivaci, che lo coinvolgono in una serie di avventure. Sullo sfondo, i soliti intrighi politici, la guerra con i nemici di sempre, gli hyksos, le alleanze fragili che richiedono purtroppo impegni dolorosi. L’indomito Taita resiste ad ogni avversità del destino e sembra presagire già un’ulteriore avventura : una voce misteriosa lo rincuora sussurrandogli :- Non sarai mai solo Taita, perché un animo nobile è la calamita che attrae l’amore altrui - . Ecco la filosofia di Wilbur Smith, ecco perché piace e convince molti lettori. Ma i romanzi storici sono un’altra cosa.
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