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Narcise, meglio selvaggio o civile?
Metà del XIX secolo, un naufrago francese(Narcise Pellettier) viene recuperato sulle coste dell'Australia dopo 18 anni di vita condotta in modo selvaggio, una trama che presuppone un romanzo d'avventura o cmq un libro d'azione; invece si tratta di un testo a sfondo psicologico, in cui l'autore cerca di mettere in evidenza la differenza tra il modo di comportarsi di un cittadino inserito in una società tra virgolette civile e un individuo che vive senza sovrastrutture e a stretto contatto con la natura. Il romanzo si sviluppa con una doppia narrazione, si alternano le vicende di Narcise da naufrago e a contatto con gl'indigeni , e di pari passo vengono descritte le digressioni a riguardo del tentativo dell'esploratore/geografo Octave de Vallombrun di recuperare linguaggio e comportamento iniziale di Narcise e soprattutto carpire indizi e spunti sugli usi e costumi degli abitanti delle coste australiane della metà dell'800. Vengono ben evidenziati i primi momenti in cui Narcise si sente abbandonato e disperato, così come vengono analizzate le circostanze dove il protagonista è sottoposto a interrogatori e giudizi da parte di commissioni di esperti che cercano di capire come un essere umano possa aver potuto abbandonare linguaggio e comportamento pseudocivile per assumere modi di agire totalmente opposti. L'autore è abile , a mio avviso, a far sì che sia il lettore a scegliere se sia giusto che Narcise si comporti in maniera selvaggia o ritorni quello che era prima.Voglio concludere la recensione estrapolando un passaggio in cui, Narcise divenuto famoso negli ambienti degli studiosi e non solo, fa colpo sulla principessa di Metternich che volle conoscerlo:
..."""Quegli occhi...da quando sono imperatrice, nessun uomo mi ha mai guardata con tanta franchezza e tanta forza. Non sono riuscita a sostenere il suo sguardo"" ...
Particolare