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Micro
 
Micro 2013-07-10 12:01:23 Todaoda
Voto medio 
 
1.8
Stile 
 
1.0
Contenuto 
 
2.0
Piacevolezza 
 
2.0
Todaoda Opinione inserita da Todaoda    10 Luglio, 2013
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Un' operazione commerciale e poco altro

Un libro ridondante impregnato di una nostalgica, ma anche banale, fantascienza anni '80 e arrangiato con uno stile talmente piatto da tendere alla schematicitá; un romanzo dalla trama lineare e scarna che ci si illude di poter leggere esclusivamente presagendo l'inevitabile, quasi periodico, susseguirsi dei colpi di scena, ma che in realtà si porta a termine solo rifacendosi costantemente a quella sorta di legacy, tradizione, obbligo ed affetto, che lettori ed estimatori avvertono nei confronti di un autore che era dotato di fervidissima immaginazione, ma che in Mycro, come non mai, tradisce le aspettative.
Quella di Crichton è narrativa di svago, d'accordo, del resto quale non la é?, ma qui, nell'ultima e probabilmente sua finale fatica, (con certi autori non si puó mai dire e tale è la sete di denaro che non li si lascia in pace neanche dopo la loro dipartita) in questa, terminata grazie all'aiuto di un collega, c'è davvero troppo poco e persino la documentazione scientifca, l'accurato lavoro di ricerca aprioristico alla stesura della storia, che a ben vedere era uno dei suoi punti di forza, viene meno, confidando piú sul sensazionalismo che sul realismo, più sugli effetti speciali che su quella autenticitá appena oltre il possibile che rimanda a un crepuscolare domani e che tanto lo ha fatto apprezzare dai lettori di tutto il mondo. Si per caritá qualche idea c'è, qualche intessante spunto a ben cercare lo si trova, ma viene sistematicamente messo in secondo piano, se non addirittura sommerso dall'inutile ridondanza di una trama che null'altro è se non un macabro countdown dei suoi principali attori, che, sempre in onore di quella giá citata banale ripetitivitá, vengono di volta in volta abbattuti attraverso stratagemmi che perfino un entomologo incallito non esitebbe a definire eccessivi e troppo sbilanciati verso una sorta di autocompiaciuto ribrezzo: se non è una formica è un ragno, se non un ragno una vespa o un millepiedi ma tutti prima o poi fanno i conti con qualche improbabile schifosa bestiaccia e tutti inesorabilmente hanno la peggio. E il pathos dei protagonisti che lottano per la loro sopravvivenza si trasforma in involontaria comicitá, e il giusto finale ad effetto si trasforma in ovvietà e quelle che potrebbero essere le ultime parole con cui ci lascia un autore che ha contribuito a plasmare l'immaginario di una intera generazione di lettori si trasformano nell'ennesima operazione commerciale. Un operazione che qui come non mai ha l'aspetto dell'accanimento terapeutico.

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