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Presente, passato e futuro
«Hai fame? Gli chiese.
Anche sete, padre. Anche tanta sete.»
Tre sono le voci portanti di “I prati dopo di noi”, ultima fatica di Matto Righetto, opera incentrata sull’importanza della natura e degli animali in un mondo ove la preservazione dei luoghi che ci circondano sembra essere sempre più fallace. Conosciamo così Bruno, il gigante dal cuore buono e la mente fantasiosa, Johannes, l’anziano che ama il silenzio e si dedica anima e corpo al lavoro, e Marlene, detta Leni, la bambina muta e sola al mondo che sopravvive come meglio può.
E se Bruno guarda al mondo con incanto e per molti è un tipo strano per questa sua capacità di estraniarsi amando le api e la natura, Johannes appartiene a una diversa generazione, è più anziano, e ha perso tutto quello che aveva. Il suo è un passato difficile e doloroso, un trascorso che se mixato a quel mondo che lo circonda che sempre più sta morendo sotto agli occhi inerti – e per causa – degli umani, lo porta a mettersi in marcia con il suo carretto e quella strana bara.
«Per la prima volta si rese conto di essere rimasto lì da solo, in un luogo che non conosceva e da cui non sapeva cosa aspettarsi. Si sentì piccolo, addolorato e vulnerabile. Una manciata di colombacci solcò il cielo e lui li osservò volare via fino a oltrepassare le alte mura di cinta dell’abbazia e scomparire. Li invidiò ma non riuscì ad aprire bocca, né a ribellarsi, tanto meno a esprimere il proprio stato d’animo, poiché non lo aveva mai fatto.»
Con grande acume e intelligenza, le vite dei tre personaggi si intrecciano tra loro ricostruendo il volto di una società a noi contemporanea e vicina che suscita in noi tante domande. L’opera, scritta con un linguaggio fluido e magnetico, ha questo grande pregio e cioè quello di riuscire a solleticare le coscienze con semplicità e genuinità. Da leggere.