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Il ritorno di Russell Kane
Riemergere dal fuoco, dall’acqua (putrida) e dal metallo dell’isola di Katawan non è stato facile neppure per uno con la tempra di Russell Brendan Kane: il finale di ‘Victoria cross’ è talmente definitivo che Altieri ha impiegato quindici anni per recuperare il suo indistruttibile Sniper e cucirgli addosso la quarta avventura aggiornata agli orrori di questo inizio di Ventunesimo secolo, tra mercanti d’armi, aerei inclusi, senza scrupoli e una letale minaccia batteriologica. Ne valeva la pena? Dal punto di vista dell’appassionato, la risposta non può essere che affermativa: l’adrenalina scorre a fiumi, il nostro allunga il suo elenco di imprese mirabolanti (guida per chilometri in discesa un fuoristrada a motore spento, si salva da un’esplosione che spazza via un quartiere, ‘gioca al tirassegno’ da distanze siderali con un grossissimo calibro facendo ovviamente centro e così via), i cattivacci di estrazione latina – il filippino e soprattutto l’italiano – sono dei sadici depravati, le donne si innamorano e l’antagonista Cross tende a filosofare fra una carognata e l’altra. Il tutto raccontato con le consuete frasi secche e incalzanti (non si potrebbe abbandonare l’inglese?) che sanno lasciare il lettore con il fiato sospeso per poi colpirlo sotto la cintura al momento giusto in ambientazioni opprimenti come Manila assediata dallo smog oppure che regalano lo sgomento del Lago d’Aral prosciugato o dei deserti dell’Australia meridionale in cui brilla una distesa infinita di velivoli da combattimento abbandonati. Aggiunto che, nella capitale delle Filippine, Kane fa tempo a fare squadra per alcuni capitoli con Chance Renard – il Profesionista creato da Stephen Gunn alias Stefano di Martino – bisogna ammettere che la soddisfazione non è completa: sarà anche colpa del formato forzato di Segretissimo per cui il libro è uscito e per la quale trecento pagine sono già un’esagerazione, ma la trama sembra privilegiare in modo eccessivo l’azione a discapito della coerenza interna finendo per mostrare qualche rammendo di troppo. In fondo, uno delle specialità dell’autore milanese è quella di imbastire complesse vicende in cui numerosi fili disparati si vanno via via legando insieme: qui, per la fretta, qualcuno viene lasciato a penzolare – la dottoressa Fontana e tutto il lato russo, la stessa Alexandra Nemes – e poco consola che sia stato annunciato per l’anno prossimo un capitolo conclusivo, visto che uscirà per la medesima collana. A proposito di Nemes, si ripresenta qui la tendenza dello scrittore a costruire ponti fra le proprie saghe e lo si intuisce sin dal secondo nome della donna (Rowena), con però la curiosa considerazione che, a parte l’inatteso ritorno in un luogo maledetto, visti i parallelismi tra personaggi verrebbe da pensare che in questo universo sia giunto una sorta di doppio: un ulteriore garbuglio dal quale svincolarsi in un quinto romanzo che si annuncia non facile, ma uno come Altieri ce la può fare.