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Il vuoto dentro
Ci sono libri che vanno "vissuti", devi entrare nei panni dei personaggi, non puoi limitarti ad osservare scorrere le vicende, come in certi thriller o romanzi di avventura dai ritmi forsennati.
Se non provi a vedere con gli occhi del protagonista non puoi capire, se non vivi la sua esperienza dentro quelli che sono i suoi confini, ti sembrerà di non aver letto niente , ma in questi libri quello che rimane è il male che fanno, non un bel ricordo di una mirabolante suspance.
Cosa fa male ? La consapevolezza di esistere ma di non stare davvero vivendo, di sentirsi una parte recitata della commedia della vita scritta da qualcun altro, su un copione che non ci piace.
La stessa scelta dell'autore di presentarci dei protagonisti che hanno ognuno un nome che si sono dati da piccoli ma che non è il loro vero nome sembra voler significare il desiderio intimo di essere altrove, ma soprattutto di essere qualcun altro.
I personaggi vivono esistenze vuote, fatte di consuetudini, apatia, sempre gli stessi luoghi , sempre le stesse persone, nessuno spunto verso un ideale che porti un pò di colore in una realtà perennemente colorata del grigio della rassegnazione.
Gabriele, il protagonista, dopo aver tentato senza successo di vivere nella metropoli torna al paese ma scopre di avere pochi mesi di vita , questa consapevolezza di essere a termine, qualcosa che in fondo sappiamo tutti ma fingiamo ogni giorno di dimenticarcene, spinge Gabriele a fare cose insensate e pericolose ma nonostante tutto niente di indimenticabile.
Ogni nuova conoscenza, per quanto superficiale e breve porta una scossa che però si ferma lì.
Si innescano una serie di eventi tragici e comici al tempo stesso visti col disincanto di qualcuno a cui in fondo sembra non fregare molto di quello che accade, perchè tanto è di passaggio.
Molti personaggi sono come prigionieri nella prigione della piccola provincia ma in fondo sono loro ad avere le chiavi della cella, è dentro di loro che si cela il più implacabile carceriere, nel vuoto di ideali, di sogni, nel non saper vedere la propria vita oltre domani.
Libro molto ben scritto, con qualche passaggio davvero ispirato, ma difficile, Bernardelli non concede niente allo spettacolo, sembra un Cormack McCarthy della provincia, dove non c'è più posto per i sogni.