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Le Bacchidi
 
Le Bacchidi 2024-12-03 10:24:44 Laura V.
Voto medio 
 
3.6
Stile 
 
4.0
Contenuti 
 
3.0
Approfondimento 
 
3.0
Piacevolezza 
 
4.0
Laura V. Opinione inserita da Laura V.    03 Dicembre, 2024
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Teatro antico

Se non fosse stato per un Gruppo di Lettura a cui ho preso parte nei mesi scorsi, a me non sarebbe neanche lontanamente passata per la testa l’idea di rispolverare il buon vecchio T. Maccio Plauto. È stata, in definitiva, una lettura interessante che mi ha rievocato gli anni della scuola, quando questo autore si studiava per letteratura latina.
È da allora, infatti, che mi è rimasta impressa la grande vivacità linguistica (dai neologismi ai doppi sensi, senza tralasciare le battute ben colorite) come caratteristica distintiva del teatro plautina, e infatti nelle “Bacchidi” se ne trova ampia conferma. Il plurale del titolo si riferisce a due sorelle etère, le quali tuttavia non sembrano essere le protagoniste dell’opera in quanto la scena viene presto dominata da personaggi maschili ben precisi, anzitutto i due giovani innamorati e il servo scaltrissimo. L’inizio vero e proprio della commedia risulta perduto e di esso la tradizione ha conservato una trentina di versi piuttosto mutili. Il modello è indubbiamente greco: il “Dis exapatòn” di Menandro, a cui il testo di Plauto, in generale, si mantiene fedele, non rinunciando però a una rielaborazione a tratti contraddistinta da grandi libertà (si pensi anche alla mancanza del coro, elemento invece fondamentale nel teatro greco).
Da un certo punto in poi, forse a partire dal terzo atto, i ritmi divengono più veloci e pressanti e la trama, con il suo intreccio certo complesso, entra nel vivo; la figura dello schiavo furbo e ingannatore (una costante della commedia plautina) non può non andare a segno, rivelandosi molto apprezzata nonché abbastanza divertente: nel suo significativo monologo all’interno del quarto atto Crisalo (o Rubaloro, a seconda delle edizioni in traduzione) paragona se stesso addirittura a Ulisse (e non solo) e la sua impresa truffaldina all’espugnazione di Troia. Molto importante anche il personaggio del pedagogo che, ovviamente, finisce per ammonire a vuoto e il quinto e ultimo atto dimostra che giovani e anziani (in questo caso, figli e padri), alla fin fine, non si discostano affatto nei loro comportamenti. La questione educativa, pertanto, emerge in modo chiaro da questo testo.
Lettura scorrevole e piacevole, forse non sempre pienamente spassosa; sebbene forse non si tratti di una delle migliori opere di Plauto, induce a leggere (o rileggere) anche altro di questo autore.

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Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
... a chi ama il teatro antico.
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