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Surrender
 
Surrender 2023-04-11 04:38:39 enricocaramuscio
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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    11 Aprile, 2023
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Alla fine un nuovo inizio

“Batterista cerca musicisti per formare una band”. A volte basta una piccola frase, fatta di poche e semplici parole, esposta in una bacheca di annunci, per dare vita ad una leggenda. È tramite questo appello che Larry si porta in casa Paul, David e Adam, è in quella piccola cucina della periferia di Dublino che i quattro ragazzi irlandesi formano uno dei sodalizi musicali più famosi, longevi, performanti della storia: gli U2. Paul David Hewson, in arte Bono, ripercorre attraverso quaranta tra le loro più celebri canzoni, la vita della rock band di cui è front man e leader, raccontandola dal proprio punto di vista, in una bellissima biografia personale dove però la storia del singolo non può che procedere parallelamente a quella del gruppo. Per farlo parte da un passato abbastanza recente, il natale del 2016 che stava per diventare fatale, al Mount Sinai Hospital di New York. Un cuore eccentrico che fa le bizze, un'operazione troppo delicata per non creare paura, un corpo e una coscienza che si scindono in una sorta di visione che permette alla rock star di vedersi dall'alto. Un'operazione che per fortuna andrà a buon fine. Solo ora, dopo aver raccontato di essere stato ad un passo dalla morte, Bono Vox può dedicarsi al racconto di una vita. Allora si torna indietro nel tempo, ad un pomeriggio del 1978, il giorno del suo diciottesimo compleanno, in cui il giovane Paul ascolta i Ramones dopo aver finito la lettura di Delitto e castigo di Dostoevskij, facendo un po' di bilanci di quello che è stato il suo percorso fino ad allora, di quelle che sono le sue doti, i suoi talenti, i suoi difetti e i suoi limiti, per capire dove potrà portarlo l'esistenza. Il giorno in cui "imparerò a fare uno spettacolare trucco alla Houdini. Meglio del trucco della corda indiana, farò sparire la mia vita in bianco e nero per farla riapparire a colori. È il giorno in cui scriverò la mia prima vera canzone rock e il primo singolo degli U2. Devo ringraziare il miracolo di Joey Ramone. E dei suoi miracolosi fratelli. Ma senza Edge, Adam e Larry – i miei miracolosi fratelli – nessuno l’avrebbe mai sentita.
Monday morning
Eighteen years of dawning
I said how long
Said how long
It was one dull morning
I woke the world with bawling
I was so sad
They were so glad
I had the feeling it was out of control
I was of the opinion it was out of control. L’avevo intitolata Out of Control perché mi ero reso conto – e potrebbe esserci sotto lo zampino di Fëdor Dostoevskij – che noi umani non abbiamo praticamente alcun potere sui due momenti più importanti della nostra vita. La nascita e la morte. Mi sembrava il genere di “fanculo all’universo” adatto a un grande pezzo punk." Stabilita un'altra tappa fondamentale del suo cammino, l'autore si lascia andare ad un racconto intimo, delicato, sincero, spaziando in un continuo su e giù temporale che lo porta ora sui palchi più famosi e prestigiosi della Terra, ora nella sua cameretta al 10 di Cedarwood Road, un attimo prima nelle stanze del potere dove svolge la sua impegnativa vita sociopolitica, un attimo dopo torna quattordicenne davanti al corpo senza vita di Iris, sua madre, cui non può che dedicare una struggente canzone:
"The star
That gives us light
Has been gone a while
But it’s not an illusion
The ache
In my heart
Is so much a part of who I am
Something in your eyes
Took a thousand years to get there Something in your eyes
Took a thousand years, a thousand years."
Un'infanzia difficile in un'Irlanda in cui "parti del nostro paese sono in guerra con altre parti del nostro paese", l'assenza prematura della madre, il tormentato rapporto con il padre e il fratello, la nascita del gruppo, il numero incalcolabile di concerti, le prestigiose collaborazioni, l'attivismo, aspetti di una vita straordinaria che hanno un unico comune denominatore: Ali. Moglie, amica, amante, complice, figura fondamentale sia nella vita di Paul Hewson, sia in quella di Bono Vox, cui lo straordinario artista non può che dedicare quest'opera che con stile, sentimento, profondità e quel tocco di ironia tipicamente anglosassone, ripercorre il cammino di un uomo che è già nella storia, di una band che resterà per sempre leggenda, di un mondo in cui c'è sempre bisogno di buona musica, di belle parole, di impegno civile, di amore. "Prendo il telefono, acceso ma sempre in modalità silenziosa, e uso la luce per guardarti, e quando ti giri nel sonno per sfuggire al fascio luminoso, per quanto debole, i miei occhi si soffermano su di te, godendosi ogni tua identità, quelle finite e quelle infinite. Sei stesa su un fianco. Vedo il tuo ciuffo ribelle, la tua fronte. Vedo sotto quegli occhi chiusi che mi parlano, intuisco che c’è ancora così tanto in serbo per noi, e ringrazio te, ringrazio il nostro Creatore, ringrazio l’universo intero…
che la ragione per cui ho intrapreso questa avventura
la ragione per cui vivo in meravigliosa compagnia da oltre quarant’anni
la ragione del lungo girovagare in quello che perlopiù è stato un deserto selvaggio e sconfinato, disegnando cerchi sulla sabbia
la ragione per cui ho riempito il vuoto nel mio cuore con la musica, facendo l’amore con l’ignoto
quella ragione ora non c’è più la ferita adolescenziale che si era aperta in uno squarcio ora si è chiusa
finalmente ho trovato una casa
sei tu
io sono a casa
non più in esilio
anche qui
e
devo imparare
a
stare a casa
stare fermo
e arrendermi
alla fine un nuovo inizio…"

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