Dettagli Recensione
La verità sotto il mantello
Dramma in quindici scene, "Vita di Galileo" riprende un pezzo della vita di Galilei - in particolare dal momento della "scoperta" del telescopio e della conseguente conferma della teoria copernicana, e di tutto ciò che ne consegue - con lo scopo di scandagliare la figura dello scienziato: un uomo che deve combattere con l'atavica riluttanza (per usare un eufemismo) dell'uomo nell'accettare il cambiamento, guidato in questo senso dall'interesse o dalla paura.
Certo l’uomo si è evoluto, nel corso degli anni; non ci troviamo nella stessa condizione in cui si trovava Galileo, in un mondo dove gli uomini di scienza erano costretti a celare le proprie scoperte per non irritare i potenti (la Chiesa, in questo caso). Ma è interessante riflettere su quanto la storia narrata da Brecht fosse un modo per rappresentare tempi ben più recenti: Galileo è, infatti, oltre che simbolo supremo della figura dello scienziato e dei suoi conflitti, anche rappresentazione di quei tedeschi costretti ad “abiurare” le proprie idee politiche, artistiche e intellettuali durante l’orrore nazionalsocialista, nella Germania dal ’33 in poi. Quando Brecht, per bocca del suo protagonista, afferma: “Quando attraversi la Germania, riponi la verità sotto il mantello”, non si può non riconoscere in queste parole un avvertimento che trascende i secoli e scorre fino a quell’epoca oscura, così lontana eppure così vicina, a noi e a Galileo. Lo scienziato fiorentino ci pone di fronte lo stesso dilemma di quei tedeschi della cui esistenza forse non ci siamo mai curati, quei tedeschi che pur di non perdere la vita hanno dovuto adattarsi, sottomettersi; col nostro sguardo freddo distante decenni da loro, spesso pensiamo che avrebbero dovuto comportarsi da eroi, opporsi all’orrore in cui erano immersi, morire per una giusta causa; così come gli allievi di Galileo s’aspettavano che questi accettasse l’esecuzione per “mantenere il punto”, per dare il via alla rivoluzione, per dimostrare che l’uomo che è nel giusto non si piega. Ma chi garantisce che la rivoluzione avvenga e che la morte non sarà invano?
Oltretutto, chi può dire quale sarebbe la nostra reazione di fronte agli strumenti di tortura? Magari anche noi ci saremmo trasformati in farabutti, pur conoscendo la verità e avendo la consapevolezza che, nel mondo intorno, ci sia qualcosa di profondamente sbagliato. Magari saremmo pronti ad accettare nuovamente il cosmo tolemaico, o annuiremmo con convinzione quando qualcuno, con una lama puntata alla nostra gola, cercherà di persuaderci che la terra è piatta.
La storia di Galileo era attuale al tempo di Brecht ma lo è anche ora: perché l’uomo non cambia mai, è sempre soggetto alle stesse imperfezioni e si rende colpevole degli stessi errori: sempre “bisognosa di eroi” e dunque perennemente in lotta per scrollarsi di dosso la propria miseria.
“Statemi a sentire: chi non conosce la verità è soltanto uno sciocco; ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un malfattore!”
Indicazioni utili
Commenti
4 risultati - visualizzati 1 - 4 |
Ordina
|
sono perfettamente d'accordo, e l'immortalità di certi scrittori e opere d'arte credo ne sia la più viva testimonianza.
un pensiero molto nietzschiano! :)
4 risultati - visualizzati 1 - 4 |
Quando, ad ogni raglio d'asino, sento dire di cambiamenti radicali, mi cadono le braccia. Al di sotto della superficie, rimane pur sempre l'uomo com'è e com'era, nel bene e nel male.