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Il mondo di Mirandolina
Composta nel 1753, considerata all’unanimità uno dei capolavori di Goldoni, "La locandiera" deve buona parte del successo e del fascino intatti ancora oggi alla sua protagonista, “la locandiera”, appunto, la seducente, vivace, civettuola, intelligente Mirandolina, frizzante e brillante come la commedia stessa. Se la locanda fiorentina che fa da sfondo all’intreccio è una sorta di microcosmo chiuso, lei ne è la stella centrale, il sole splendente che abbaglia tutti e tutti attrae a sé con le dolci promesse delle sue moine, corteggiata, ambita e desiderata da tutti i frequentatori della locanda. Intorno a lei gravitano il marchese di Forlipopoli, nobile spiantato e vanaglorioso che non ha il becco di un quattrino e si pregia di offrirle solo la sua protezione, il conte di Almafiorita, un arricchito che rimedia alla mancanza di lignaggio dispensando doni ricchi e vistosi, e infine l’umile cameriere Fabrizio, che il padre di Mirandolina ha scelto come futuro sposo della figlia prima di morire e che la donna si diverte a tenere sulla corda per garantirsi il suo aiuto e la sua fedeltà.
A differenza di come potrebbe sembrare, però, la nostra locandiera non è una sciocca, vanitosa civetta, ma una giovane donna in gamba, capace di attirare i suoi corteggiatori-clienti e di destreggiarsi tra loro con un’abilità pari a quella che mostra nella gestione degli affari. Senza preferire nessuno di loro in particolare, si assicura da ciascuno il massimo che può dare: regali dal conte, complimenti dal marchese, aiuto e collaborazione dal fedele Fabrizio.
Tutto cambia quando alla locanda arriva il cavaliere di Ripafratta, misogino senza speranza che ha giurato odio eterno al genere femminile e la tratta con freddezza e disprezzo. Basta poco perché Mirandolina decida di sfoderare le sue arti seduttive, farlo innamorare di sé e vendicarsi a nome di tutte le donne. Inizia così un gioco di puro divertimento per il lettore fatto di fraintendimenti, sospiri, svenimenti e sguardi languidi, fino a quando la donna, spaventata dalle possibili conseguenze per la sua reputazione, il suo onore e i suoi affari, capisce di essersi spinta troppo oltre e corre a cercare rifugio tra le braccia del suo pari Fabrizio. La commedia termina ristabilendo l'ordine e i valori che hanno sempre un ruolo fondamentale nel teatro goldoniano e che se nel gioco la Locandiera ha finto di voler trasgredire, nel concreto rispetta scrupolosamente.
Goldoni è un gran conoscitore ed estimatore delle donne, delle quali celebra le qualità morali e intellettuali e difende con forza il diritto alla libertà, al rispetto, all'istruzione. Mirandolina non è che il culmine di una lunga serie di protagoniste - per lo più servette, castalde e donne di governo - intelligenti, affascinanti, scaltre, abili nel portare avanti i loro progetti, intellettualmente lucide e spesso superiori ai personaggi maschili sotto molti punti di vista, capaci di sottometterli con la forza della mente e della parola, ma la morale goldoniana resta ben salda fino alla fine e si rivela più tradizionalista del previsto: una serva non può sposare un nobile, ogni donna ha bisogno di un marito e sposerà qualcuno che appartiene al suo stesso status sociale.
Un estimatore della donne, quindi, con i loro pregi e i loro difetti. Ed è proprio nella rappresentazione dei “vizi femminili” che Goldoni dà il meglio di sé. Sarà per questo che Mirandolina, vanitosa e ingannatrice, seduce il lettore come conquista il cavaliere e non può proprio fare a meno di essere amata, anche solo per la luce viva e brillante che getta sulla scena (o sulla pagina). La locanda, in fondo, non è altro che questo: una scena nella scena dove regna il teatro nel teatro. Tutti recitano: l’accorta Mirandolina per conquistare il cuore del cavaliere, le due comiche Ortensia e Dejanira per accattivarsi il favore degli avventori, il marchese, perfetta caricatura del nobile decaduto, ma borioso. Un mondo senza scrupoli e senza morale retto solo dalle convenzioni sociali, straordinariamente simile al mondo dell’autore, che egli ambisce a rappresentare, eppure così divertente e ben costruito che si vorrebbe non doverlo lasciare mai.
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