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Il Maestro in scena
Un teatro gremito aspetta l'ingresso in scena dell'attore. Sul palco, accomodato su una sedia trasportata da una pedana mobile, arriva Andrea Camilleri. Il grande maestro, rivolgendosi agli spettatori quasi fossero la giuria di un processo, si presenta come Caino, aspettando una reazione che non arriva. Ripete. Ancora niente. Specifica trattarsi del primo assassino della storia umana, meravigliandosi del fatto che, nei secoli scorsi, al solo pronunciare il suo nome la gente si lanciava in una sequela di insulti, improperi. Intanto, sullo schermo che fa da scenografia, partono immagini di soldati e civili giacenti a terra privi di vita. Eh già. La razza umana, ormai, agli assassini ci ha fatto il callo. Guerre, eccidi, stermini, massacri, genocidi, pulizie etniche, stragi, attentati, femminicidi. Allora Caino non può far altro che chiedere al pubblico se veramente crede che sia stata tutta colpa sua, che se lui non avesse ucciso suo fratello, gli esseri umani si sarebbero amati l'un l'altro e mai avrebbero versato il sangue dei loro simili. La risposta viene da sé. A questo punto Caino ammette di aver commesso un unico, vero errore: non essersi mai difeso, non aver mai esposto le proprie ragioni. Lo farà ora, a distanza di millenni, trasformando il teatro in un'aula di tribunale, prendendo gli spettatori per giudici, convertendo uno spettacolo in arringa difensiva. Parte quindi un breve ma intenso monologo, ricco di umanità, di ironia, di spunti di riflessione, di citazioni letterarie che spaziano da Giordano Bruno a Borges, passando per i premi Nobel Dario Fo ed Elie Wiesel. "Di fronte alla sofferenza, di fronte alla solitudine, nessuno ha il diritto di nascondersi, di non vedere. Di fronte all’ingiustizia, nessuno deve voltarsi dall’altra parte. Chi soffre ha la precedenza su tutto. La sua sofferenza gli dà un diritto di priorità su di voi. Quando qualcuno piange – e questo qualcuno non siete voi – ha dei diritti su di voi, anche se il suo dolore gli è inflitto dal vostro Dio comune". Il Caino di Camilleri espone la sua versione dei fatti partendo dalla creazione, raccontando la cacciata dall'Eden, il fratricidio e le conseguenze del suo gesto, confutando le false ricostruzioni che ci portiamo dietro da secoli, fino ad arrivare alla piena espiazione del suo peccato. Redento, inizierà a gettare le basi della moderna società, che avrebbe dovuto reggersi sulle semplici regole del rispetto reciproco e dell'accoglienza. Peccato che poi, come sempre avviene quando c'è di mezzo l'uomo, qualcosa sia andato storto. "Devo confessarvi che non sempre dal bene nasce altro bene e che non sempre il male genera altro male". La dipartita del grande Maestro siciliano ha impedito a tutti noi di vederlo portare in scena questa breve ma intensissima opera incentrata sul dualismo tra bene e male, sull'importanza del libero arbitrio, sulla necessità di approfondire i fatti prima di giudicare. Ma per fortuna la sua cultura, la sua capacità di trasmettere emozioni, il suo stile di scrittura unico al mondo, resteranno per sempre a nostra disposizione. "Io dunque continuo a vivere in mezzo a voi. Forse perché ormai sono diventato solo un simbolo. Un simbolo necessario, perché senza il male il bene non esisterebbe. Dio lo aveva pensato prima di tutti noi, come era logico. Ho finito davvero. Non voglio che pronunciate il vostro verdetto ora. Riflettete su quanto vi ho raccontato questa sera e poi decidete da voi. Secondo coscienza. Vi auguro una buona notte".