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Trent'anni di noise
"E quella voce dal timbro festoso mi annunciò che i Marlene Kuntz avevano stupito tutto il comitato della giuria (chissà in quanti saranno stati...). Il demo li aveva entusiasmati e ci si aspettava da noi grandissime cose. Non mi sembrava vero: un milanese parlava così dei Marlene Kuntz! (Sia chiaro: lo stupore andava di pari passo al senso della giustizia che finalmente veniva a distribuire i giusti meriti...)" Dal 1989 al 2019. Trent'anni di elegante noise targato Marlene Kuntz. Fondata nel Cuneese da Cristiano Godano (testi, voce e chitarra), Luca Bergia (batteria) e Riccardo Tesio (chitarra), con diversi avvicendamenti al basso che passano, tra gli altri, per Dan Solo e Gianni Marroccolo fino ad arrivare all'attuale Luca Lagash Saporiti, la rock band nostrana si è sempre contraddistinta per l'alta qualità musicale, per il valore letterario dei testi e per un coerente ed autentico anticonformismo, in un panorama musicale troppo spesso omologato, in cui contano sempre più frivola leggerezza, ruffianeria nei confronti del pubblico, promozione a qualsiasi costo. Marlene Kuntz invece rappresenta una scelta radicale, un progetto ben preciso che comprende la musica, i testi, il modo di relazionarsi al pubblico e che, pur maturando nel tempo per ovvi e inevitabili motivi (ricerca quasi ossessiva della perfezione, necessità di sonorità nuove che stimolino l'inventiva, crescita fisiologica dei componenti il gruppo che inevitabilmente porta con sé sensibilità, bagaglio culturale, obiettivi diversi all'età di cinquant'anni piuttosto che a venti), non si è mai discostato dall'idea di fondo. Un modus operandi che ovviamente non è quello di una band rivolta ad un pubblico mainstream, ma quello di un gruppo di musicisti con le idee chiare, con una cultura musicale che in pochi possono vantare e con una fertile volontà di fare le cose per bene, seguendo criteri ben precisi. Scelta che da un lato ha l'inconveniente di abbassare il livello di notorietà, dall'altro ha il vantaggio di liberare gli artisti dal dovere di fare qualcosa di necessariamente popolare (e qui il termine è da considerarsi nella sua accezione negativa), tenendoli fuori dal giogo delle convenzioni, del successo purché sia, della creatività di stampo commerciale. Va da sé che ciò permette di evitare qualsiasi tipo di interferenza artistica e di proporre al pubblico, non numerosissimo ma fidato ed esigente, qualcosa che rappresenti realmente il loro estro, che rispecchi il loro gusto, che trasmetta a chi li segue la profonda sensibilità del loro animo. In questo libro, partendo da "M.K.", pezzo che apre il primo album "Catartica", arrivando ad "Un Sollievo", brano ultimo del terzo disco "Ho ucciso Paranoia", passando per le più famose "Sonica", "Nuotando nell'aria", "Lieve", "Ape Regina", "Il Vile", e per le non meno fascinose "L'esangue Deborah", "Ti giro intorno", "Infinità", "Ineluttabile" (citarle tutte sarebbe prolisso ma è stato terribilmente difficile scegliere di menzionare queste piuttosto che altre), Cristiano entra nell'anima delle sue creazioni, spiegando il significato delle parole, giustificando la scelta dei termini, raccontando gli episodi, le storie, i contesti che le hanno generate, le emozioni, le sensazioni, gli slanci di empatia che lo hanno ispirato, a volte entrando nello specifico ed esplicando i versi nei minimi particolari, altre restando su un terreno più indefinito, un po' per probabili questioni di intimità, un po' forse per lasciare all'ascoltatore, al lettore, o a come si voglia definire chi è interessato all'opera, la giusta dose di solleticante curiosità, di personale interpretazione, di fervore emotivo. I testi di Godano non si possono definire "immediati". Questo può renderli impegnativi a chi si sofferma su un ascolto superficiale, pesanti a chi cerca nella musica una leggerezza fine a se stessa, criptici a chi non ha tempo e voglia di abbandonarsi alle suggestioni che emanano. Suggestioni si, perché anche se l'autore non si ritiene un poeta e nel libro spieghi accuratamente che differenza intercorre tra scrivere poesie e scrivere canzoni, le sue parole, pervase da forti sfumature liriche, hanno la forza suggestiva dei versi poetici e non quella esplicativa della prosa e delle canzoni più (passatemi di nuovo il termine) popolari. "Se non avessi grosse pretese con le mie parole e cercassi la banalità programmatica di certe sintesi spesso assai efficaci per i miei testi, ovvero se non fossi uno che si va a impelagare in contesti pretenziosi e per ciò stesso più attaccabili, avrei meno reputazione da difendere e saprei al massimo di far sorridere qualche snob. E sarei propenso a non dar peso a certi sorrisini, perché preferirei senza dubbio alcuno il sorriso caloroso del mio consenso allargato tradotto in decine di migliaia di facce gaudenti a ogni mio concerto. Me ne fotterei in buona sostanza". Non mancano poi i dettagli più specificatamente tecnici legati all'aspetto prettamente musicale, che possono incuriosire, interessare e stimolare soprattutto chi è più esperto in materia, senza tuttavia risultare tediosi a chi è poco o per nulla ferrato sull'argomento. L'analisi dei testi è anche un pretesto per divagazioni in cui Godano si lascia andare a ricordi legati alla sua vita personale e a quella legata al gruppo, a citazioni e dichiarazioni di stima che spaziano dalla letteratura (Nabokov su tutti, ma anche Frenzen, Calvino, Ghosh) alla poesia (soprattutto Montale) e ad un incalcolabile numero di cantanti e band non necessariamente legati al mondo del Rock (spiccano Nick Cave e i Sonic Youth sul panorama internazionale, Paolo Conte, Lucio Dalla, Fabrizio De André su quello nostrano) che denotano l'ampio raggio di interessi, di cultura, di fonti di ispirazione che stimolano l'autore e i suoi sodali. Staccandosi dal contesto musicale, si arriva anche a parlare di attualità. Qui il rocker di Fossano si mette a nudo, esternando opinioni, paure, dubbi, speranze su temi caldi, spaziando dalla scena politica all'ecologia, fino all'uso improprio della rete, in cui disgustano i latrati degli haters, il diffondersi di sentimenti negativi, le sfilate di opinioni con la loro stoffa generica. "A noi sembra di vivere in un incubo e mai avremmo pensato di dover arrivare a temere il fascismo e tutte le abnormità che si possono immaginare. L’avreste mai detto che vi sareste ritrovati ad aver timore di dire in rete che vorreste un mondo buono all’insegna dei sacri valori dell’uguaglianza e dei pieni diritti per tutti senza incorrere in dileggi e veri e propri attacchi? Non è forse un incubo un mondo in cui ci si ritrova a questo punto?" Un libro interessante, consigliato sicuramente a chi conosce e stima la band, ma che può piacere ed incuriosire anche chi non è avvezzo al mondo marlenico ma ama la musica, la poesia, la letteratura e ama leggere testi pervasi di profondità di pensiero, circonfusi di carica emozionale e ricchi di curiosi aneddoti, interessanti citazioni e stimolanti spunti di riflessione. "La musica mi ha dato tantissimo nella prima parte della mia esistenza. Ho vissuto momenti di pura esaltazione interiore grazie a essa, quasi di trasfigurazione. Ho nutrito speranze e illusioni, ho interiorizzato emozioni impagabili, ho vibrato con una intensità inimmaginabile altrimenti, ho dato vita a fascinazioni esclusive. È stata per molto tempo la mia linfa vitale, il pensiero costante delle mie gioie, delle mie turbe, delle mie visioni, delle mie peregrinazioni mentali. Mi ha dato coraggio e mi ha reso spavaldo, mi ha spinto in un negozio di strumenti musicali e in una sala prove, mi ha incoraggiato a scrivere testi arditi e a cantarli di fronte ai miei compagni di avventura, mi ha obbligato a capire l’importanza delle parole e a provare imbarazzo per quelle usate con troppa disinvoltura, mi ha scaraventato su un palco a fronteggiare un pubblico, mi ha permesso di affinare la sensibilità scoprendo i segreti più formativi dell’arte e il suo ascendente prezioso, mi ha permesso di credere nella mia personalità senza mai affogare nella tracimazione dell’ego, mi ha aiutato a cercare di superare i miei limiti. E internet le ha tolto carisma: l’ha svilita, ne ha depotenziato i risvolti mitici, l’ha resa un ammasso di informazioni spersonalizzate. È sempre musica, nella sua idea astratta, e ci mancherebbe, ma per come l’avevamo imparata ad amare, coi suoi eroi facitori a renderla tutto ciò che ho descritto sopra, non è più la stessa cosa".